chè diria la verità, e così il gioco saria freddo. — Subito rispose
il Conte: Signora, non ci saria pericolo che mancasse
contradizione a chi dicesse la verità, stando voi qui presente;
— ed essendosi di questa risposta alquanto riso, seguitò:
Ma io veramente molto volentier fuggirei questa fatica, parendomi
troppo difficile, e conoscendo in me, ciò che voi
avete per burla detto, esser verissimo; cioè ch’io non sappia
quello che a buon Cortegian si conviene: e questo con
altro testimonio non cerco di provare, perchè non facendo
l’opere, si può estimar ch’io nol sappia; ed io credo che sia
minor biasimo mio, perchè senza dubio peggio è non voler far
bene, che non saperlo fare. Pur essendo così che a voi piaccia
ch’io abbia questo carico, non posso nè voglio rifiutarlo,
per non contravenir all’ordine e giudicio vostro, il quale
estimo più assai che ’l mio. — Allor messer Cesare Gonzaga,
Perchè già, disse, è passata buon’ora di notte, e qui son
apparecchiate molte altre sorti di piaceri, forse buon sarà
differir questo ragionamento a domani, e darassi tempo al
Conte di pensar ciò ch’egli s’abbia a dire; chè in vero di tal
subietto parlare improviso è difficil cosa. — Rispose il
Conte: Io non voglio far come colui, che spogliatosi in giuppone
saltò meno che non avea fatto col sajo; e perciò parmi
gran ventura che l’ora sia tarda, perchè per la brevità del
tempo sarò sforzato a parlar poco, e ’l non avervi pensato
mi escuserà, talmente che mi sarà licito dire senza
biasimo tutte le cose che prima mi verranno alla bocca.
Per non tener adunque più lungamente questo carico di
obligazione sopra le spalle, dico, che in ogni cosa tanto è difficil
conoscer la vera perfezion, che quasi è impossibile; e
questo per la varietà dei giudizii8. Però si ritrovano molti, ai
quali sarà grato un uomo che parli assai, e quello chiamaranno
piacevole; alcuni si dilettaranno più della modestia;
alcun’altri d’un uomo attivo ed inquieto; altri di chi in ogni
cosa mostri riposo e considerazione: e così ciascuno lauda e
vitupera secondo il parer suo, sempre coprendo il vizio col
nome della propinqua virtù, o la virtù col nome del propinquo
vizio; come chiamando un prosuntuoso, libero; un modesto,
arido; un nescio, buono; un scelerato, prudente; e