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libro quarto. | 271 |
per diletto nella pace; falconi, cani, e tutte l’altre cose che
s’appartengono ai piaceri de’ gran signori e dei popoli: come
a’ nostri di avemo veduto fare il signor Francesco Gonzaga
marchese di Mantua, il quale a queste cose par più presto re
d’Italia che signor d’una città. Cercherei ancor d’indurlo a
far magni edificii, e per onor vivendo, e per dar di sè memoria
ai posteri: come fece il duca Federico in questo nobil palazzo,
ed or fa Papa Julio nel tempio di san Pietro21, e quella
strada che va da Palazzo al diporto di Belvedere, e molti altri
edificii: come faceano ancora gli antichi Romani; di che
si vedeno tante reliquie a Roma ed a Napoli, a Pozzolo, a
Baje, a Cività Vecchia, a Porto, ed ancor fuor d’Italia, e
tanti altri lochi, che son gran testimonio del valor di quegli
animi divini. Così ancor fece Alessandro Magno, il qual, non
contento della fama che per aver domato il mondo con l’arme
avea meritamente acquistata, edificò Alessandria in Egitto,
in India Bucefalia22, ed altre cittă in altri paesi; e pensò
di ridurre in forma d’uomo il monte Atos23, e nella man sinistra
edificargli una amplissima città, e nella destra una
gran coppa, nella quale si raccogliessero tutti i fiumi che da
quello derivano, e di quindi traboccassero nel mare: pensier
veramente grande, e degno d’Alessandro Magno. Queste cose
estimo io, signor Ottaviano, che si convengano ad un nobile
e vero principe, e lo facciano nella pace e nella guerra gloriosissimo;
e non lo avertire a tante minuzie, e lo aver rispetto
di combattere solamente per dominare e vincer quei
che meritano esser dominati, o per far utilità ai sudditi, o
per levare il governo a quelli che governan male: chè se i Romani,
Alessandro, Annibale e gli altri avessero avuto questi
risguardi, non sarebbon stati nel colmo di quella gloria
che furono.
XXXVII. Rispose allor il signor Ottaviano ridendo: Quelli che non ebbero questi risguardi, arebbono fatto meglio avendogli; benchė, se considerate, trovarete che molti gli ebbero, e massimamente que’ primi antichi, come Teseo ed Ercole: nė crediate che altri fossero Procuste e Scirone, Cacco, Diomede, Anteo, Gerione, che tiranni crudeli ed empii, contra i quali aveano perpetua e mortal guerra que-