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libro quarto. 243


debito onore, e di quelli ornamenti che voi stesso jersera gli prometteste; - e così parlando, ordinò che tutti, finita quella danza, si mettessero a sedere al modo usato: il che fu fatto; e stando ognuno con molta attenzione, disse il signor Ottaviano: Signora, poichė l’aver io desiderato molt’altre buone qualità nel Cortegiano si batteggia2 per promessa ch’io le abbia a dire, son contento parlarne, non già con opinion di dir tutto quello che dir vi si poria, ma solamente tanto che basti per levar dell’animo vostro quello che jersera opposto mi fu, cioè, ch’io abbia così detto piuttosto per detraere alle laudi della Donna di Palazzo, con far credere falsamente che altre eccellenze si possano attribuire al Cortegiano, e con tal arte fargliele superiore, che perchè così sia; però, per accommodarmi ancor all’ora, che è più tarda che non suole quando si dà principio al ragionare, sarò breve.

IV. Così, continuando il ragionamento di questi signori, il qual in tutto approvo e confermo, dico, che delle cose che noi chiamiamo buone sono alcune che semplicemente e per sè stesse sempre son buone, come la temperanza, la fortezza, la sanità, e tutte le virtù che partoriscono tranquillità agli animi; altre che per diversi rispetti e per lo fine al quale s’indrizzano son buone, come le leggi, la liberalità, le ricchezze, ed altre simili. Estimo io adunque, che ’l Cortegiano perfetto, di quel modo che descritto l’hanno il conte Ludovico e messer Federico, possa esser veramente buona cosa, e degna di laude; non però semplicemente nė per sè, ma per rispetto del fine al quale può essere indrizzato: chè in vero se con l’essere nobile, aggraziato e piacevole, ed esperto in tanti esercizii, il Cortegiano non producesse altro frutto che l’esser tale per sé stesso, non estimarei che per conseguir questa perfezion di Cortegiania dovesse l’uomo ragionevolmente mettervi tanto studio e fatica, quanto è necessario a chi la vuole acquistare; anzi direi, che molte di quelle condizioni che se gli sono attribuite, come il danzar, festeggiar, cantar e giocare, fossero leggerezze e vanità, ed in un uomo di grado piuttosto degne di biasimo che di laude: perchè queste attilature, imprese, motti, ed altre tai cose che appartengono ad intertenimenti di donne e d’amori, an-