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libro terzo. 239


me ne contento; nè in altra cosa lo mutarei, se non in farlo un poco più amico delle donne che non è il signor Gaspar, ma forse non tanto quanto è alcuno di questi altri signori.— Allora la signora Duchessa, Bisogna, disse, in ogni modo che noi veggiamo, se l’ingegno vostro è tanto che basti a dar maggior perfezione al Cortegiano, che non han dato questi signori. Però siate contento di dir ciò che n’avete in animo: altrimenti noi pensaremo che nè voi ancora sappiate aggiungergli più di quello che s’è detto, ma che abbiate voluto detraere alle laudi della Donna di Palazzo, parendovi ch’ella sia eguale al Cortegiano, il quale perciò voi vorreste che si credesse che potesse esser molto più perfetto che quello che hanno formato questi signori. — Rise il signor Ottaviano, e disse: Le laudi e biasimi dati alle donne più del debito hanno tanto piene l’orecchie e l’animo di chi ode, che non han lasciato loco che altra cosa star vi possa; oltra di questo, se condo me, l’ora è molto tarda. — Adunque, disse la signora Duchessa, aspettando insino a domani aremo più tempo; e quelle laudi e biasimi che voi dite esser stati dati alle donne dell’una parte33 e l’altra troppo eccessivamente, frattanto usciranno dell’animo di questi signori, di modo che pur saranno capaci di quella verità che voi direte. — Così parlando la signora Duchessa, levossi in piedi, e cortesemente donando licenza a tutti, si ritrasse nella stanza sua più secreta, ed ognuno si fu a dormire.