spetto al tempo ed alle persone con le quai parlano, parmi
che dimostriate che ancor questo insegnar si possa, ed abbia
in sè qualche disciplina. Queste regole, Signor mio,
rispose messer Federico, son tanto universali, che ad ogni
cosa si confanno e giovano. Ma io ho detto nelle facezie non
esser arte, perchè di due sorti solamente parmi che se ne
trovino; delle quai l’una s’estende nel ragionar lungo e continuato;
come si vede di alcun’uomini, che con tanto buona
grazia e così piacevolmente narrano ed esprimono una cosa
che sia loro intervenuta, o veduta o udita l’abbiano, che coi
gesti e con le parole la mettono inanzi agli occhi, e quasi la
fan toccar con mano: e questa forse, per non ci aver altro
vocabolo, si poria chiamar festività, ovvero urbanità. L’altra
sorte di facezie è brevissima, e consiste solamente nei detti
pronti ed acuti, come spesso tra noi se n’odono, e de’ mordaci32;
nè senza quel poco di puntura par che abbian grazia:
e questi presso agli antichi ancor si nominavano detti;
adesso alcuni le chiamano arguzie. Dico adunque che nel
primo modo, che è quella festiva narrazione, non è bisogno
arte alcuna, perchè la natura medesima crea e forma gli
uomini atti a narrare piacevolmente; e dà loro il volto, i gesti,
la voce e le parole appropriate ad imitar ciò che voglio
no. Nell’altro, delle arguzie, che può far l’arte? con ciò sia
cosa che quel salso detto dee esser uscito ed aver dato in
brocca, prima che paja che colui che lo dice v’abbia potuto
pensare; altramente è freddo, e non ha del buono. Però estimo,
che ’l tutto sia opera dell’ingegno e della natura, — Riprese
allor le parole messer Pietro Bembo, e disse: Il signor
Prefetto non vi nega quello che voi dite, cioè che la natura
e lo ingegno non abbiano le prime parti, massimamente
circa la invenzione; ma certo è che nell’animo di ciascuno,
sia pur l’uomo di quanto buono ingegno può essere, nascono
dei concetti buoni e mali, e più e meno; ma il giudicio
poi e l’arte i lima e corregge, e fa elezione dei buoni e
rifiuta i mali. Però, lasciando quello che s’appartiene allo
ingegno, dechiarateci quello che consiste nell’arte: cioè,
delle facezie e dei motti che inducono a ridere, quai son
convenienti al Cortegiano e quai no, ed in qual tempo e