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viii. inno ai patriarchi 39

questa misera piaggia, ed aurea corse
nostra caduca etá. Non che di latte
onda rigasse intemerata il fianco
delle balze materne, o con le greggi
95mista la tigre ai consueti ovili,
né guidasse per gioco i lupi al fonte
il pastorel; ma, di suo fato ignara
e degli affanni suoi, vòta d’affanno
visse l’umana stirpe; alle secrete
100leggi del cielo e di natura indutto
valse l’ameno error, le fraudi, il molle
pristino velo; e di sperar contenta
nostra placida nave in porto ascese.

     Tal fra le vaste californie selve
105nasce beata prole, a cui non sugge
pallida cura il petto, a cui le membra
fera tabe non doma; e vitto il bosco,
nidi l’intima rupe, onde ministra
l’irrigua valle, inopinato il giorno
110dell’atra morte incombe. Oh, contra il nostro
scellerato ardimento inermi regni
della saggia natura! I lidi e gli antri
e le quiete selve apre l’invitto
nostro furor; le violate genti
115al peregrino affanno, agl’ignorati
desiri edúca; e la fugace, ignuda
felicitá per l’imo sole incalza.8