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226 COMENTO DEL BOCCACCI

chè vicina era al tempo del parto, fu da alcuni aperta, e trattale la creatura, già perfetta, del ventre e allevata; e questi che così eran tratti de’ ventri delle madri eran consegrati ad Apolline, in quanto per beneficio della sua deità, cioè dell’arte della medicina, erano in vita tratti. Scrivono oltre a ciò i poeti, che Apolline essendo turbato di ciò, che Flegias avea arso il tempio suo, il fulminò, e mandonne l’anima sua in inferno, e condannolla a questa pena, che egli stesse sempre sotto un grandissimo sasso, il quale parea che ogn’ora gli dovesse cadere addosso, di che egli sempre stava in paura: e di lui scrive Virgilio nel sesto dell’Eneida:

— — — — Phlegyasque miserrimus omnis
Admonet, et magna testatur voce per umbras:
Discite justitiam moniti, et non temniere divos etc.

lo duca mio: poichè l’autore ha dimostrato, Flegias essersi turbato del non dovere acquistar più che sol passando il loto, ed egli scrive come con Virgilio scendesse nella nave di Flegias, perchè comprender si può, che altra via non v’era da potere più avanti procedere, senza valicar per nave il palude, e dice, discese nella barca, E poi mi fece entrare, nella barca, appresso lui,

E sol quando fu’ dentro parve carca,

in che assai ben si comprende, che lo spirito non è d’alcun peso, ma che il corpo è quello che è grave. È questa parte presa da Virgilio, dove dice nel sesto dell’Eneida, come Enea trapassò per nave Acheronte dicendo così: