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266 | COMENTO DEL BOCCACCI |
dove nè sole nè aere puote entrare. Genti v’aveva: venuti al luogo dove i famosi sono, discrive l’autor primieramente alcuno de lor costumi e modi, per li quali comprender si puote, loro esser persone di grande autorità: e appresso ne nomina una parte. Dice adunque: Genti v’eran, in quel luogo, con occhi tardi, e gravi. Dimostrasi molto nel muover degli occhi delle qualità dell’animo, perciocchè coloro li quali muovono la luce dell’occhio soavamente o con tardità, o con le palpebre quasi gravi in parte gli cuoprono, dimostrano l’animo loro esser pesato ne’ consigli, e non corrente nelle diliberazioni:
Di grande autorità ne’ lor sembianti,
in quanto sono nel viso modesti, guardandosi dal superchio riso e dagli altri atti che abbiano a dimostrare levità: Parlavan rado, perciocchè nel molto parlare, se necessità non richiede, e ancora nel troppo tosto e veloce parlare, non può esser gravità, con voci soavi; perciocchè il gridare, e l’elevar la voce soperchio si manifesta piuttosto abbondanza di caldezza di cuore che modestia d’animo:
Traemmoci così dall’un de’ canti,
cioè dall’una delle parti di quel luogo: e son prese queste parole dell’autore da Virgilio nel sesto dell’Eneida, ove dice:
Conventus trahit in medios, turbamque sonantem:
Et tumulum capit,unde omnes longo ordine possit
Adversos legere, et venientum discere vultus, etc.
In luogo aperto, cioè senza alcuno ostacolo, luminoso, e alto; perciocchè del pari non si può vedere ogni cosa,