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nota | 383 |
Un problema particolarmente spinoso, a proposito di siffatte oscillazioni di forme, è costituito dall’esistenza in B (e, del resto, negli autografi boccacceschi) di numerosi doppioni morfologici, lessicali e sintattici: desinenze come dissono e dissero, forme nominali e verbali come pestilenza e pistolenza, vedendo e veggendo, aggruppamenti di particelle come fattolsi e fattoselo, farnele e fartene ecc., come andavano trattati? Anche qui s’è proceduto caso per caso, maggior varietá consentendo in qualche punto e maggiore uniformitá perseguendo in altri. Render conto di tutto il cumulo di osservazioni, di raffronti, d’indagini che questo studio ha richiesto, sarebbe qui fuor di posto; basti accennare al criterio seguito, che fu in primo luogo, dove ciò fu possibile, l’adesione all’uso boccaccesco accertabile, di poi l’adozione delle forme ripetute in B piú costantemente o almeno le piú volte.
La revisione accurata dell’interpunzione portò in molti casi a ravvivare di nuova forza costrutti fiacchi o scoloriti, a far dileguare incomprensioni, a ricreare effetti artistici perduti. Anche la disposizione esteriore dell’opera ha molto guadagnato dal conformarsi all’esempio di B, dove l’impiego di lettere capitali piú e meno grandi ricordato qui addietro (p. 349) ha mostrato che in ogni Giorn. l’introduzione e la chiusa debbono andare nettamente separate dalle dieci novelle1 e che in ogni novella vanno distinte, quasi senza eccezione, tre parti: l’esordio narrativo che si addentella alla «cornice», il preambolo morale o ragionativo del novellatore ed il racconto vero e proprio2.
L’armonia della prosa boccaccesca riacquista non poco della sua perduta essenza da questa nuova recensione, per merito quasi esclusivo di B, che o lascia intere certe parole passate con
- ↑ Nella Giorn. IV si ha anche uno speciale proemio, che non va confuso con l’introduzione.
- ↑ Si eccettua la prima novella di ogni Giorn., in cui l’esordio narrativo è innestato nell’introduzione che immediatamente precede (ma in I, i e IX, i il preambolo è doppio, cosí che esse vengono ad avere tre parti egualmente); inoltre si hanno due novelle, I, iii e IV, ii, in cui le parti son quattro, per essere doppio il preambolo ragionativo della prima e l’esordio narrativo della seconda; e due finalmente, II, v e V, vii, in cui le parti son due, in una per fusione dell’esordio e del preambolo, nell’altra per assenza del preambolo.
nanzi a parola che cominci per vocale: a meno che questa sia ad, nel qual caso l’eufonia consiglia di evitare il fastidioso ed ad. D’altra parte, nelle ballate è talvolta necessario, per la misura dei versi, conservare ed, ed una volta conviene restituire e’ (cfr. p. 376, n. 4).