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le postille, le correzioni, in guisa che «chiunque leggerá il Decameron su questa Impressione, sará come se ei lo leggesse» su L1.

Fu cosí fatta la riscossa decameroniana dei toscani, anzi dei fiorentini (tali erano il marchese P. A. Guadagni ed il canonico A. M. Bandini): candida impresa e di arcadicamente innocua filologia, che pure si dové circondare di mistero e non riuscí ad evitare difficoltá ed intoppi2; della quale, non dirò certo il merito, ma il risultato capitale fu d’avere prolungato ed ingigantito il feticismo per il Mannelli, copista e copia. Propizie volgevano invece le stagioni alle «castrature» per uso dei «modesti giovani» (incominciarono nel 1739 e vi si segnalarono il Seghezzi, il p. Corticelli ed il p. Bandiera) oppure, per un altro e peggior verso, alle ristampe londinesi, parigine, lipsiensi o amstelodamie, per erotica suggestione dei viziosi.

Dalla fine del secolo XVIII alla metá del XIX le poche edizioni serie e rispettabili si uniformano su per giú ai medesimi criteri: fedeltá al testo mannelliano del 1761 temperata con maggiore o minor discrezione da ricorsi e riscontri sulla «ventisettana», da ammodernamenti ortografici, da correzioni, quali ragionevoli quali arbitrarie o cervellotiche o erronee. Riproducono questi caratteri: l’edizione livornese di G. Poggiali (1789-’90), la parmense di M. Colombo (1812-’14), la veneziana del Vitarelli (1813), la parigina di A. Cerutti (1823), la londinese del Foscolo (1825), le fiorentine d’I. Moutier (1827-’28) e di P. Dal Rio (1841-’44). Di tanti nomi uno solo, quel del poeta di Zante, arresta naturalmente l’attenzione e vuole per sé piú che un fuggevole ricordo: e non per l’edizione3, la quale non si scosta dal modello di sopra ritratto, ma per il profondo ed ispirato Discorso storico sul testo che fu

  1. Il Dec. di M. Gio. Boccaccio tratto dall’Ottimo Testo scritto da Fran.co d’Amaretto Mannelli sull’Originale dell’Autore, s. n. t., 1761; le parole riferite sono a p. v. La vantata esattezza della trascrizione non è da credere tuttavia assoluta; l’Hauvette (Giorn. stor., XXI, p. 407) affermò di aver rilevato «un numero ragguardevole di discrepanze» tra L e la stampa, di cui invece lo Hecker tentò una benevola difesa (ivi, XXVI, pp. 162-3).
  2. Cfr. E. Lazzareschi, L’ediz. lucchese del Dec., nel cit. vol. Studii su G. Bocc., pp. 269-78.
  3. Cfr. E. Levi, Una ediz. del Dec. curata da U. Foscolo, nella Bibliofilia, XV [1913-’14], pp. 220-4. Il Foscolo riprodusse con acconce migliorie ortografiche il testo del Vitarelli.