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studiare il prezioso volume; ed anzi sappiamo che sin dal 1451 non era piú traccia in quella libreria di nessuna delle opere volgari del Nostro[1]. Un’altra ipotesi in proposito risale al Foscolo: che l’autore, dopo la visita del famigerato frate emissario del Petroni (1362), non che attender mai a correggere ed a ripulire il suo capolavoro, lo distruggesse[2]; e nessuno dubita infatti che cosí egli avrebbe fatto se il sacrificio fosse potuto giungere tempestivo, da che il Bocc. medesimo ci si rappresenta in una sua notissima lettera[3] vergognoso e dolente delle novelle scritte in gioventú. Ma poteva la scomparsa dell’originale fermare la diffusione di un libro che giá, copiato e ricopiato subito dopo la sua uscita alla luce, correva il mondo? In ogni modo, l’ipotesi della distruzione volontaria scalzava radicalmente la fede nella discendenza di L, ch’è del 1384, dall’autografo: il Foscolo avvertí infatti il contrasto tra l’uno e l’altro concetto, ma non seppe schivare abilmente ogni insidia della deduzione[4].

Che diremo invece dell’altro supposto, che il Bocc. non una, ma «avesse lasciato due copie di propria mano, ma varie»[5], cosí che da esse fossero derivate le varianti sí numerose e gravi nei codici? A voler menare il supposto per buono, converrebbe però anche estenderlo, e pensare che tante copie di man dell’autore fossero state scritte, quante potrebbero contarsi famiglie o stipiti fondamentali, a cui i mss. del Dec. debbano, chi li voglia studiare a fondo, ridursi: il che è manifestamente assurdo.

  1. Cfr. O. Hecker, Boccaccio-Funde, Hannover, 1902, pp. 7-11.
  2. Discorso storico sul testo del Decamerone, p. 9 dell’ediz. delle Opere edite e postume, III (Firenze, 1850): «certo quand’ei moriva aveva giá da dieci o dodici anni distrutto il testo autografo del libro»; cfr. anche p. 13: «l’autore aveva piú tempo innanzi [di morire] aboliti gli autografi del Decamerone».
  3. Quella che comincia Idibus septembris, a Mainardo Cavalcanti.
  4. Discorso cit., p. 14: «Il Mannelli ebbe di certo sott’occhio un testo ch’ei teneva per autentico insieme e inesatto; ma non che descriverlo, non ne palesa l’origine, e appena lo accenna qua e lá con la postilla sic textus. E s’ei pur l’ebbe mai dal Boccaccio, ei non domandò, o non ottenne la correzione di molti sbagli». Ammettendosi che l’originale di L provenisse dal Bocc., dove andava a finire l’asserito bruciamento del Dec.?
  5. Son parole foscoliane del Discorso cit. (p. 13) e si riferiscono al passo seguente delle Annotazioni: «siamo stati alcuna volta dubbj, se nel principio fussero per avventura usciti fuori, e dal medesimo Autore, duoi testi, l’un prima e l’altro poi, e l’ultimo in qualche cosellina... diverso dal primo» (ediz. cit., p. 221). Il Salviati riferí questo pensiero ed affermò di non discordare da esso, adducendo certi luoghi i quali alcuno indizio ne dánno per avventura» (Degli Avvertimenti cit., p. 6).