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studiare il prezioso volume; ed anzi sappiamo che sin dal 1451 non era piú traccia in quella libreria di nessuna delle opere volgari del Nostro1. Un’altra ipotesi in proposito risale al Foscolo: che l’autore, dopo la visita del famigerato frate emissario del Petroni (1362), non che attender mai a correggere ed a ripulire il suo capolavoro, lo distruggesse2; e nessuno dubita infatti che cosí egli avrebbe fatto se il sacrificio fosse potuto giungere tempestivo, da che il Bocc. medesimo ci si rappresenta in una sua notissima lettera3 vergognoso e dolente delle novelle scritte in gioventú. Ma poteva la scomparsa dell’originale fermare la diffusione di un libro che giá, copiato e ricopiato subito dopo la sua uscita alla luce, correva il mondo? In ogni modo, l’ipotesi della distruzione volontaria scalzava radicalmente la fede nella discendenza di L, ch’è del 1384, dall’autografo: il Foscolo avvertí infatti il contrasto tra l’uno e l’altro concetto, ma non seppe schivare abilmente ogni insidia della deduzione4.

Che diremo invece dell’altro supposto, che il Bocc. non una, ma «avesse lasciato due copie di propria mano, ma varie»5, cosí che da esse fossero derivate le varianti sí numerose e gravi nei codici? A voler menare il supposto per buono, converrebbe però anche estenderlo, e pensare che tante copie di man dell’autore fossero state scritte, quante potrebbero contarsi famiglie o stipiti fondamentali, a cui i mss. del Dec. debbano, chi li voglia studiare a fondo, ridursi: il che è manifestamente assurdo.

  1. Cfr. O. Hecker, Boccaccio-Funde, Hannover, 1902, pp. 7-11.
  2. Discorso storico sul testo del Decamerone, p. 9 dell’ediz. delle Opere edite e postume, III (Firenze, 1850): «certo quand’ei moriva aveva giá da dieci o dodici anni distrutto il testo autografo del libro»; cfr. anche p. 13: «l’autore aveva piú tempo innanzi [di morire] aboliti gli autografi del Decamerone».
  3. Quella che comincia Idibus septembris, a Mainardo Cavalcanti.
  4. Discorso cit., p. 14: «Il Mannelli ebbe di certo sott’occhio un testo ch’ei teneva per autentico insieme e inesatto; ma non che descriverlo, non ne palesa l’origine, e appena lo accenna qua e lá con la postilla sic textus. E s’ei pur l’ebbe mai dal Boccaccio, ei non domandò, o non ottenne la correzione di molti sbagli». Ammettendosi che l’originale di L provenisse dal Bocc., dove andava a finire l’asserito bruciamento del Dec.?
  5. Son parole foscoliane del Discorso cit. (p. 13) e si riferiscono al passo seguente delle Annotazioni: «siamo stati alcuna volta dubbj, se nel principio fussero per avventura usciti fuori, e dal medesimo Autore, duoi testi, l’un prima e l’altro poi, e l’ultimo in qualche cosellina... diverso dal primo» (ediz. cit., p. 221). Il Salviati riferí questo pensiero ed affermò di non discordare da esso, adducendo certi luoghi i quali alcuno indizio ne dánno per avventura» (Degli Avvertimenti cit., p. 6).