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note dell’editore. | 479 |
buon frate si fu al cospetto di Boccaccio, prendendo i modi di persona diputata da Dio, dissegli: Sovrastargli prossima e miseranda fine, se non rimetteva dalle turpitudini, e dal trarre altrui in lussuria co’ suoi scritti. Queste e simili cose dicendo il frate, Messer Boccaccio fu colto da grandissimo spavento; e tanto fermò l’animo suo nel divisamento di darsi a Dio, che forse in qualche convento avrebbe finiti i suoi giorni, se non l’avesse stornato l’amico di lui Petrarca. Se dunque in queste Vite, o leggitore, tu vedi Boccaccio dar documenti di morale differenti da quelli del Decamerone, tienlo per convertito; e poni, essere stato scritto questo Libro dopo il 1362, nel quale anno, cangiata la mente dell’autore, questi cangiò anche foggia di scrivere.
(B) Terribili ma veri sono i mali che ritrae Boccaccio, prodotti dal diabolico talento di quei genitori, i quali, per loro apparente utilità, legando a viva forza o per lusinghe, de’ monastici voti le figlie, sospingono queste a perdizione certissima. Solo non mi sembra, il Boccaccio aver dato nel vero, dicendo che la maggior parte per tirannide de’ parenti votano ne’ monasteri. Tanta nequizia poteva forse correre in usanza a suoi tempi, quando da nessuna legge ecclesiastica frenati i parenti cacciavano ne’ chiostri le fanciulle, e le astringevano a stendere sull’altare al giuramento una mano che in età provetta doveva poi asciugare le lagrime della sventura e