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132 | Giovanni Boccacci |
XCI.
Infra l’excelso choro d’Helicona
Mi transportò l’altr’hieri il mio ardire;
Là dove, attento standomi ad udire
Ciò che in quel s’adopra1 et si ragiona,
Viddi, qual forse già fu la lacona5
Donna di Paris2, una nimpha uscire
D’un lieto bosco et verso me venire
Co’ crin ristrecti da verde corona.
A me venuta disse: — Io son colei
Che fo di chi mi segue il nome eterno,10
Et qui venuta sono ad amar presta;
Lieva su, vieni! — ; et io, già di costei
Acceso, mi levai: ond’io, d’inferno
Uscendo, entrai nell’amorosa festa.
XCII.
O giustitia regin’al mondo freno,
Mossa d’alta virtù dal sommo cielo,
Or fredda et pigra stai coverta a velo.
Rompe quest’aire et mostra tutt’el corso,
Et scendi con tuo’ forze et con l’ardire,5
Ché tal virtù non manchi al buon disire.
Fenda l’usata spada, et non con fretta,
Ch’e colpi non fien tardi a chi gli aspetta3.