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capitolo v 87


di fare io, se il mio Panfilo fosse stato presente; il quale tante volte quante a mente mi tornava o torna, tante di nuova malinconia m’era ed è cagione: il che, come Iddio sa, non merita il grande amore ch’io gli porto e ho portato.

Ma poi che quelle danze con gravissima noia di me alcuna volta per lungo spazio rimirate avea, essendomi divenute per altro pensiero tediose, quasi da altra sollecitudine mossa, del pubblico luogo levatami, volonterosa di sfogare il raccolto dolore, se fatto mi veniva acconciamente, in parte solitaria me n’andava; e quivi dando luogo alle volonterose lagrime, delle vanitá vedute alli miei folli occhi rendea guiderdone. Né quelle senza parole accese d’ira uscivano fuori, anzi, conoscendo io la misera mia fortuna, verso lei mi ricorda d’avere alcuna volta cosí parlato:

«O Fortuna10, spaventevole nemica di ciascuno felice, e de’ miseri singulare speranza, tu, permutatrice de’ regni e de’ mondani casi adducitrice, sollevi e avvalli con le tue mani, come il tuo indiscreto giudicio ti porge; e non contenta d’essere tutta d’alcuno, o in uno caso l’esalti, o in uno altro il deprimi, o dopo alla data felicitá aggiugni agli animi nuove cure, acciò che i mondani in continue necessitá dimorando, secondo il parere loro, te sempre prieghino, e la tua deitá orba adorino. Tu, cieca e sorda, li pianti de’ miseri rifiutando, con gli esaltati ti godi, li quali te ridente e lusingando abbracciando con tutte le forze, con inopinato avvenimento da tesi trovano prostrati, e allora miseramente te conoscono aver mutato viso. E di questi cotali io misera mi trovo, né so quale inimicizia o cosa da me commessa inverso te a ciò t’inducesse, o mi ci noccia. Oimè! chiunque nelle grandi cose si fida, e potente signoreggia negli alti luoghi, l’animo credulo dando alle cose liete, riguardi me, d’alta donna picciolissima serva tornata, e peggio, che disdegnata sono dal mio signore, e rifiutata. Tu non desti mai, o Fortuna, piú ammaestrevole esemplo di me de’ tuoi mutamenti, se con sana mente si riguarderá. Io da te, o Fortuna mutabile, nel mondo ricevuta fui in copiosa quantitá de’ tuoi beni, se la nobiltá e le ricchezze sono