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capitolo v 77


sospiri dimoro. O domatore de’ mali e parte migliore dell’umana vita, consolami di te, e lo stare a me lontano riserba quando Panfilo co’ suoi piacevoli ragionari diletterá le mie avide orecchie di lui udire. O languido fratello della dura morte6, il quale le false cose alle vere rimescoli, entra negli occhi tristi! Tu giá i cento d’Argo7 volenti vegghiare occupasti; deh, occupa ora i miei due che ti disiderano! O porto di vita, o di luce riposo, e della notte compagno, il quale parimente vieni grazioso agli eccelsi re e agli umili servi, entra nel tristo petto, e piacevole alquanto le mie forze ricrea. O dolcissimo Sonno, il quale l’umana generazione pavida della morte costringi ad apparare le sue lunghe dimore, occupa me con le forze tue e da me caccia gl’insani movimenti, ne’ quali l’animo se medesimo senza pro fatica».

Egli, piú pietoso che alcuno altro iddio a cui io porga prieghi, avvegna che indugio ponga alla grazia chiesta da’ prieghi miei, pure dopo lungo spazio, quasi piú a servirmi costretto che volonteroso, pigro viene, e senza dire alcuna cosa, non avvedendomene io, sottentra al lasso capo, il quale di lui bisognoso, quello volonteroso pigliando, tutto in lui si ravvolge.

Non viene, posto che il sonno venga, però in me la disiata pace, anzi, in luogo de’ pensieri e delle lagrime, mille visioni piene d’infinite paure mi spaventano. Io non credo che niuna furia rimanga nella cittá di Dite, che in diversi modi e terribili giá piú volte mostrata non mi si sia, diversi mali minacciando, e spesso col loro orribile aspetto li miei sonni rotti, di che io quasi, per non vederle, mi sono contentata. E poche sono brievemente state quelle notti, dopo la male udita novella della menata sposa, che rallegrata m’abbiano dormendo, come davanti mostrandomi lietamente il mio Panfilo assai sovente solean fare: il che senza modo mi doleva, e ancora duole. Di tutte queste cose, delle lagrime e del dolore dico, ma non della cagione, s’avvide il caro marito; e considerando il vivo colore del mio viso in pallidezza essere cambiato, e gli occhi piacevoli e lucenti veggendo