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64 l'elegia di madonna fiammetta


mi ritornasse il perduto conforto, avvenne che, sedendo io con le giá dette donne, assai discrete e piacevoli nel loro ragionare, e a me molto per parentado e per antica amistá congiunte, quivi venne un mercatante, né altramente che Ulisse1 e Diomedes a Deidamia e alle suore, cominciò diverse gioie e belle, quali a cosí fatte donne si conveniano, a mostrare.

Egli, sí come io alla sua favella compresi, ed esso medesimo da una di quelle dimandatone confessò, era della terra di Panfilo mio. Ma poi che egli mostrate molte delle sue cose, e di quelle da esse alcune per lo convenuto pregio prese, e l’altre rendutegli, entrati in nuovi motti e lieti, e esse ed esso, mentre che egli il pagamento aspettava, una di loro d’etá giovane e di forma bellissima, e chiara di sangue e di costumi, quella medesima ch’avanti dimandato l’avea onde fosse, il dimandò se egli Panfilo suo compatriotta conosciuto avesse giammai. Oh, quanto cotale dimanda diè per lo mio disio!

Certo io ne fui contentissima, e gli orecchi alla risposta levai. Il mercatante senza indugio rispose:

— E chi è quegli che meglio di me il conosca? —

A cui segui la giovane quasi infignendosi di sapere che di lui fosse:

— E che è egli ora di lui? —

— Oh, — disse il mercatante — egli è assai che il padre, non essendogli rimaso altro figliuolo, il richiamò a casa sua. —

Il quale ancora la giovine dimandò:

— Quanto ha che tu di lui sapesti novelle? —

— Certo, — disse egli — non poi che da lui mi partii, che ancora non credo che siano quindici giorni compiuti. —

Continuò la donna:

— E allora che era di lui? —

Alla quale esso rispose:

— Molto bene; e dicovi che il di medesimo che io mi partii, vidi con grandissima festa entrare di nuovo in casa sua una bellissima giovane, la quale, secondo che io intesi, era a lui novellamente sposata. —