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ciampi cav. ignazio


Raccolse in nota stampata ciò che scrisse e pubblicò, ma in tempo nel quale qualunque studentino l’arieggia da letterato, e mille giornali e diecimila opuscoli mostrano come si possa stampare anche senza saper scrivere, e come sia facile darsi nome in pubblico spropositando cinquanta linee sovra un periodico, certo appare almeno per leggiera ambizione l’aver sognato in istampa anche gli articoli pubblicati su qualche periodico. — Lavori buoni però ne ha il Ciampi, ed una stampa seria e severa fece cenno dei migliori con vera imparzialità di giudizio. Fra questi ne piace rammentare le Cronache e Statuti della città di Viterbo, di che il Ciampi ebbe larga soddisfazione nello elogio tributatogli sulla Gazzetta Universale di Augusta dal distinto storico Gregorovius. — Non minore in merito è la Storia di Demetrio, dell’Agrippina del Nord, e la Città Etrusca, ove ricordò il più memorabile. Nè rammentiamo gli altri, che troppo il parlarne dall’assunto nostro ci allontanerebbe; basti il far sapere che quando uno scrittore fra i suoi critici ha i nomi di Tommaseo, Bersezio, Atto Vannucci e gli scrittori della Civiltà Cattolica, può essere contento siccome per segno che le sue pagine non furono giudicate foglia leggiera che il vento in ventiquattr’ore travolge e disperde, ma che furono raccolte e lette, e stimate meritevoli di una parola che ne rammentasse la esistenza.

E con ciò abbiamo detto quanto basta del Ciampi come letterato. Più difficile riesce forse il discorrerne come di uomo politico, dappoichè appresso alla restauraziono del governo pontifìcio nel 1849 non diessi vivo ad alcun partito, chè quà pareagli il sacerdotale troppo in opposizione alle generali aspirazioni del tempo, là il repubblicano troppo spigliato ed audace nel dare guerra a tutto ed a tutti, quindi il monarchico-unitario essere un composito di sangue di drago e di grani d’incenso, un po’ di bonetto frigio sormontato dalla croce, un po’ di croce ridotta a spada, e le vecchie leggi e costumanze e massime conservatrici fatte fodero di quella spada che poteva un dì sfoderarsi da un re, ma passare poi in mano di un ardito o di un despota. L’unificazione d’Italia, se pure il Ciampi la intravedeva, atterrivalo, quasi per esso impresa perigliosa e compromettente; ed i monarchici savoiardi che le repubbliche di Venezia e di Roma tentavano far dimenticare perchè dai popoli si celebrassero solo le gesta dei conti di Morienna ora con Dio ed ora contro la disciplina della sua Chiesa, dinnanzi al nostro Consigliere apparivano per quella turba che Dante chiamò vissuta senza infamia e senza lodo, appunto perchè senza una fede viva, determinata, sicura. — Fu prudenza o fu tema? fu rotto consiglio o fiacchezza d’animo? — Noi nol diremo, le vicende politiche di questi tempi ci hanno avvezzato a giudicare mala cosa il non avere una fede determinata; chè l’altalena è brutto giuoco, e meglio fa un nemico franco e leale, che non sia un uomo senza colore e senza spirito.

Nello avvicendarsi poi della vita politica gli atti tutti del passato si chiamano ad esame, e chi non ha azioni e bandiera riesce in dubbio, e raro è che acquisti la importanza e la forza donata all’uomo che francamente ha militato; amico o nemico