gustare altro poeta fuori di questo, in cui trovava lo stesso diletto che negli angoli, e ne’ quadrati. Io presi il grosso volume, e in un cerchio di greci e di latini sedetti in disparte con esso alla mano. Lessivi in fronte la divina commedia di Dante, e parve a tutti titolo strano, essendo noi persuasi, ch’esser questo dovesse poema epico, qual tutta Italia predicava al par dell’iliade, e dell’eneida, nè sapevamo intendere perchè commedia s’intitolasse. E tanto più ciò ne parve quando trovammo questa divina commedia divisa in tre parti quasi un trattato scientifico, e queste parti intitolate l’Inferno, il Purgatorio, il Paradiso. Venne in mente d’ognuno, che Dante scherzar volesse, e far daddovvero una commedia; ma nomi così tremendi, e venerabili non ci sembravano a ciò troppo acconci. Ed ecco leggendo, che io mi trovo preso da Dante per suo compagno, e condottiere in tal faccenda. Per verità non fui molto contento di quest’onore, e mi venne sospetto, che potessimo entrambi fare una figura assai comica in quella commedia. L’incontrar sulle prime una