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a quelle dell’altra: sono quelle rappresentate dalle rette , , ossia sono le due geodetiche che partono da e concorrono all’infinito colla , l’una da una parte, l’altra dall’altra. Siccome gli angoli rettilinei , hanno i loro vertici sulla periferia del cerchio limite, così (II) i corrispondenti angoli geodetici , sono nulli, benchè i primi sieno finiti. All’incontro, essendo interno al detto cerchio ed esterno alla corda , l’angolo è differente da e da e quindi (I) le geodetiche corrispondenti , formano in un angolo pure differente da e da . Dunque se le geodetiche , si dicono parallele alla , in quanto segnano il trapasso dalla schiera di quelle che. intersecano la alla schiera di quelle che non la intersecano, si può enunciare il risultato dicendo che: Da ogni punto (reale) della superficie si possono sempre condurre due geodetiche (reali) parallele ad una medesima geodetica (reale) che non passi per quel punto, e queste due geodetiche fanno tra loro un angolo differente tanto da quanto da .

Questo risultato s’accorda, salva la diversità delle espressioni, con quello che forma il cardine della geometria non-euclidea. Per iscorgere subito, nella geometria pseudosferica, l’interpetrazione di qualche altra affermazione della geometria non-euclidea, consideriamo un triangolo geodetico. — Ognuno sa che quando si studiano figure esistenti sopra una superficie la quale non sia sviluppabile sopra un piano, riesce spesso opportuno, per la più facile intelligenza, di delineare in piano un’altra figura, la quale, senza essere ricavala dalla prima secondo una determinata legge geometrica, serva tuttavia ad indicarne approssimativamente la disposizione generale, riproducendone le più sostanziali relazioni di sito. Perchè la figura indicativa adempia a tale condizione, bisogna che tutte le grandezze, si lineari che angolari, della figura data, vi si trovino sostituite da grandezze di eguale specie (rispettivamente); bisogna inoltre che le lunghezze di due linee corrispondenti, e i seni di due angoli corrispondenti abbiano sempre fra loro un rapporto finito, poco importando poi che tale rapporto varii arbitrariamente da una parte all’altra della figura, purchè non diventi mai nè nullo nè infinito. È ovvio del resto che in tanta latitudine di scelta, conviene far si che nella figura indicativa il rapporto anzidetto non presenti eccessivo deviazioni da un certo valor medio. — Ciò posto, se il triangolo geodetico testè immaginato ha tutti i suoi vertici a distanza finita, è chiaro che ogni triangolo piano può servire ad indicarlo. Questo triangolo piano potrebbe essere lo stesso triangolo rettilineo che ne forma la rappresentazione nel piano ausiliare, triangolo che sarebbe totalmente interno al cerchio limite. Si potrebbe ancora, secondo le circostanze, proferire un triangolo curvilineo, i cui angoli fossero p. es. eguali a quelli del triangolo geodetico. Ma se si suppone che i vertici del triangolo geodetico vadano allontanandosi indefinitamente e passino a distanza infinita, è chiaro che, mentre il triangolo stesso continua ad essere una figura esistente sulla superficie, con tutti i suoi punti, tranne i vertici, a distanza finita, la figura indicativa non potrebbe essere finita in ogni senso senza violare in qualche parte le

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