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introduzione cxi

sostituire a questi indizi, che metto in dubbio, un altro più valido.

Perchè una delle maggiori difficoltà, che presenterebbe la supposizione di un’imitazione del Rabelais da parte del Basile, sarebbe la pochissima notorietà del Rabelais in Italia, nel cinquecento, e nei secoli seguenti, fino ai tempi nostri.

Il Guerrini non giunse a trovare se non un sol accenno all’opera del Rabelais in libri italiani, e, propriamente, uno, fugacissimo, nelle Facezie del Della Torre1. Qualcun’altro ne pescò il Martinozzi, che, tuttavia, riafferma, per questa parte, le conclusioni del Guerrini2. Ma a me è capitato di scoprire, o m’inganno, un’imitazione lampante del Rabelais in uno scrittore napoletano, amico e commilitone del Basile, in Giulio Cesare Cortese.


In qualche esemplare del quinto volumetto della prima edizione del Cunto de li Cunti stampato il 1636, si trova, dopo la dedica, un curioso componimento del Cortese, ch’è ignoto a tutti, e può dirsi inedito. Questo componimento è intitolato: Canzone de lo Segnore Giulio Cesare Cortese: Conziglio dato da lo Chiajese ad una persona che l’addemannaje qual fosse meglio nzorarese o stare senza mogliere. Il Dottor Chiajese era una celebrità popolare di quei tempi, che, per pochi soldi, dava il suo



  1. O. Guerrini, Rabelais in Italia, in Brandelli, Roma, Sommaruga, 1883, Serie terza, pp. 153 sgg.
  2. Giuseppe Martinozzi, Il Pantagruel di Francesco Rabelais, Città di Castello, S. Lapi, 1885, pp, 29 sgg.