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che qualche volta, la tavoletta spiritata mi ha messo in pensiero, specie quando le domande erano fatte mentalmente, e le risposte tornavano. Ce n’eraho di savie e di pazze, di profonde e di sciocche, ma sempre, o quasi sempre, calzanti. Una sera avevo commessa la imprudenza grande di scomodare lo spirito di Dante Alighieri, per chiedergli mentalmente se davvero la Beatrice della «Vita Nuova» e della «Commedia» fosse una donna vissuta, in carne ed ossa, e figliuola di messer Folco Portinari. Il divino Poeta ebbe la bontà di rispondermi: «Ah, tu non conoscesti quell’angelo! Ella fu il conforto della mia misera vita». Così, preso romanticamente l’aìre, mi si stemperò in una fuga di strofe settenarie, sul taglio dell’«Ei fu», ma per verità senza la forma composta e il fare serrato del Manzoni; tanto che non ne tenni un verso a memoria, e mi dolsi piuttosto che andasse sprecato in quel vaniloquio il gessetto. Ma non c’era da stupirsi, se lo spirito rispondeva in quel modo, mentendo così sfrontatamente all’arte sovrana dell’Alighieri. Non avevamo da fare con Dante, pur troppo; un ignoto spirito canzonatorio s’era fatto avanti in sua vece.

È risaputo dagli intendenti di spiritismo che non sempre lo spirito chiamato viene egli in persona, e che spesso, essendo egli impegnato altrove, o sdegnando questa maniera di confabulazioni terrestri, uno spirito burlone o maligno occupa il suo posto nella sottile as-