Nè tra ’l vulgo, onde prima ebbe alimento,
Restò la fiamma circoscritta e chiusa,
Ma più d’un ch’avea fama e fondamento
La metallica n’ebbe anima fusa:
Arso ne fu dell’erudito armento
Il celebre pastor Testadifusa,
Ei mirabile dotto, anzi vivente
Archivio di dottrina utile a niente.
E tu pur nei precordi imi la face
Bieca sentisti dell’insana Aletto,
O Babilonio insigne, a cui la pace
Perder fa spesso l’etimo d’un detto;
Ma tanto è il tuo pensiero acre e sagace,
Che alfin rintracci il perseguito oggetto,
Come ghiotto porcel con ingegnoso
Grugno discopre il tubero odoroso.
Struggibuco, dantista audace e dotto,
Salir sente sul naso anch’ei la muffa,
E benchè sia molto acciaccato e rotto,
I denti arrota e fa gli occhiacci e sbuffa:
Ah! se non avess’io questo fagotto
Penduto innanzi, entrerei tosto in zuffa,
Come quando provai che il giovinetto
Alighieri soggiacque a ser Brunetto.