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atto quarto. — sc. vii. | 487 |
Eurialo. Vengo, padre.
Bartolo. (Come biscia
Viene all’incanto.)
Eurialo. Avete le nostre ospite
Vedute, o padre?
Bartolo. Non, ma bene inteso ne
Ho qualche cosa.
Eurialo. Sapete chi siano?
Bartolo.Lo so; che non serà con tuo molto utile.
Eurialo.Son le donne del nostro messer Lazzaro.
Bartolo.Quelle c’ha in casa il ghiotton Bonifacio,
Son le donne del nostro messer Lazzaro.
Eurialo.(Non ci è rimedio più: la cosa è pubblica.)
Bartolo.E che borbotti?
Eurialo. Nïente.
Bartolo. Nïente, eh?
Oh confidenza troppo inestimabile!
Oh poco ingegno! Pârti ch’ei consideri
Cosa ch’ei faccia, o n’abbia erubescenzia?1
Sono queste opre da figliuolo ingenuo,
Condurre in casa di suo padre femmine
Di questa sorte, brutto ghiotto?
Eurialo. Misero
Me!
Bartolo. T’accorgi ora della tua miseria?
Dovevi prima ben pensarvi, Eurialo,
Quando ordinasti insieme col tuo Accursio
Cotai gamelle.2 Or credi di provvédervi3
Con dir che isposaráila? Oh bel consiglio!
Te l’ha insegnato il tuo dottor? Gli è utile;
Ed oltre che gli è util, gli è onorevole.
Ella non sta cosi?4
Eurialo. Padre, no; ascoltami.
Bartolo.Oh buon governo! Appena che vedutomi
Avea partir di casa, che principio
- ↑ G. A., e le stampe: o che punto vergognisi.
- ↑ Vedi sopra, pag. 483, nota 1. G. A. e le stampe: Cotali trame.
- ↑ Si noti quanto miglior senso dia questa lezione dell’autografo, che la seguita generalmente, e derivata, come pare, da G. A.: Or che? provvederemoci.
- ↑ Queste parole, che i moderni editori attribuiscono ad Eurialo, sono anche da G. A. fatte dire a Bartolo, ma nella forma che segue: «Non sta ella cosi? Eur. Padre, ascoltatemi.»