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348 | la lena. |
Lena. S’io avessi a star tuttavía giovane,
Il mantenere amendue col medesimo
Modo usato fin qui mi saría agevole:
Ma come le formiche si proveggono
Pel verno, così è giusto che le povere
Par mie per la vecchiezza si proveggano;
E che mentre v’hanno agio, un’arte imparino,
Che, quando sia il bisogno, poi non abbiano
Ad imparar, ma vi sien dotte e pratiche.
E che arte poss’io far che più proficua
Ci sia di questa, e che mi sia più facile
Ad imparar? Che vuoi ch’io indugi all’ultimo,
Quand’io sarò nel bisogno, ad apprenderla?
Pacifico.Se contra ogni altro avessi questi termini
Usati, mi saría più tollerabile
Che contra Fazio, al quale abbiam troppo obbligo.
Lena.Deh, manigoldo, ti venga la fistola!1
Come tu non sia stato consapevole
Del tutto! Or che’l disegno ha cattivo esito,
Me sola del comun peccato biasimi:
Me se i contanti compariti fussono,
La parte, e più che la parte, volutone
Avresti ben.
Pacifico. Non più, ch’esce la Menica.
SCENA XII.
MENICA, LENA.
Menica.Lena, si fa cosi? Ti par che meriti
Fazio da te che gli facci una ingiuria
Di questa sorte?
Lena. E che ingiuria? che diavolo
Gli ho fatto?
Menica. Nulla!
Lena. Nulla, appunto. Ai strazii
Che fa di me, non è così notabile
Ingiuria al mondo, che da me non meriti.
Menica.Tu gli hai scoperto, Lena, il tuo mal animo;