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atto quinto. — sc. x. 345

Pacifico.Férmati qui, Menghin; férmati, ascoltami.
Menghino.Lasciami andar, Pacifico; non credere
Che per te resti di nol dir.
Lena.                                               Che diavolo
Potrai dire in cento anni? Che la fistola1
Ti venga! e c’hai veduto tu, brutto asino?
Menghino.Ho veduto Licinia e questo giovane
Figliuol d’Ilario...
Ilario.                                Lena, e non Licinia,
Vols’egli dire.
Menghino.                         Che abbracciati stavano.
Lena.Tu mènti per la gola.
Menghino.                                     Or ecco Fazio.
Padron, vi dirò il ver; non vi voglio essere
Traditor. Vostra figliuola...
Fazio.                                               Oh, la bestia!
T’ho ben udito. Che? Vuoi farlo intendere
A tutto questo vicinato? Ilario,
Non sarà mai, per dio, vero ch’io tolleri,
Che vostro figliuol mi faccia sì notabile2
Scorno, e che a mio poter non me ne vendichi.
Che favole, che ciance fatto credere
M’avete della Lena e di Pacifico?
Ilario.Così l’avevo udito anch’io da Corbolo.
Fazio.Ma questa non è ingiuria da passarsene
Sì leggermente; è di troppa importanzia!
Ilario.Per vostra fede, Fazio...
Fazio.                                        Deh, Ilario,
Mi meraviglio ben di voi: l’ingiuria
Vi par di sorte, ch’io debbia si facile-


  1. Così la stampa del Giolito, come nella seguente scena undecima: «Deh manigoldo, ti venga la fistola.» Il che ci persuade a non curare la difficoltà che qui nasceva per la ridondanza di una sillaba, ove copiando in tutto la stampa suddetta, si fosse da noi dato a leggere: Potrai tu dire. I moderni pongono invece: che ’l fistolo; della qual voce il senso sarebbe il medesimo, sebbene di Fistolo come sinonimo di Fistola non accenni la Crusca fuorchè indirettamente nel proverbio: Fare d’una bolla o d’una pipita un fistolo.
  2. Anche questo verso ridonda di una sillaba; ma non volemmo per tal cagione far luogo all’alterazione recata, come pensiamo, a questo luogo dagli editori, scrivendo:
                                       «Che ’l figliuol vostro scorno sì notabile
                                       Mi faccia, e a mio poter ec.»
    Più verisimile ci sembra che il poeta medesimo s’ingannasse misurando la voce figliuol alla stregua della pronuncia vernacola: fiol.