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ELEGIA SECONDA.
Della mia negra penna in fregio d’oro
Molti mi sono a dimandar molesti
3L’occulto senso, ed io no ’l vô dir loro.1
Vô che sempre nel cor chiuso mi resti;
Nè, per pregar o stimolar d’altrui,
6Giammai mi potrò indur ch’io ’l manifesti.
Dio, come in gli altri magisteri sui,
Providenza ebbe assai, quando il côr pose
9Nella più ascosa parte ch’era in nui;
Ch’ivi i pensieri e le segrete cose
Volse riporre, e chiudervi la via
12A queste avide menti e curïose.
Fregiata d’ôr la negra penna mia
Ho in cento luoghi nel vestir trapunta,
15Acciò palese a tutti gli occhi sia:
Ma vô tacer a qual effetto assunta
L’ho di portar, e non vô dir se mostra
18L’anima lieta o di dolor compunta.
Se vo’ direte ostinazion la nostra,
Io dirò che immodesti ed importuni
21Voi sete, e gran discortesía è la vostra.
Non so s’avete udito dir d’alcuni,
Che d’aver desiato di sapere
24Gli altrui segreti esser vorrían digiuni.
L’uccel c’ha bigio il petto e l’ale nere,
Fu prima donna,2 e diventò cornice
27Per esser troppo vaga di sapere.
Ciò ch’altri asconder vuol, spiar non lice,
- ↑ Pretese il Baruffaldi di aver indovinato quel sì geloso segreto del poeta, reputando quel nero e quell’oro allusivi all’auree treccie e alla nera veste di Alessandra Strozzi; e che messer Lodovico volesse «di tal contrapposto formarsi una sua propria impresa, o vogliam dire distintivo particolare, com’era in costume de’ cavalieri nelle comparse alle giostre o torneamenti.» Vita ec., pag. 156. Noi ne lasceremo il giudizio ai lettori. Peccato che quella sì bella chioma dovesse, per infermità, essere recisa; come vedremo nell’Elegia XI, e in altre poesie.
- ↑ Favola toccata ancora al principio dell’Elegia quarta. Vedi la nota 1, pag. 220.
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