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176 satira terza.

Trent’anni; quella età che ’l furor cessa,
195Presto al voler, presto al pentirsi poi.
     Tema Dio; ma che udir più d’una messa
Voglia il dì, non mi piace; e vuò che basti
198S’una due volte l’anno si confessa.
     Non voglio che con gli asini che basti
Non portano,1 abbia pratica, nè faccia
201Ogni dì tórte al confessore e pasti.
     Voglio che si contenti della faccia
Che Dio le diede, e lassi il rosso e ’l bianco
204Alla signora del signor Ghinaccia.2
     Fuor che lisciarsi, un ornamento manco
D’altra ugual gentildonna ella non abbia:
207Liscio non vuò, nè tu, credo, il vogli anco.
     Se sapesse Erculan dove le labbia
Pon quando bacia Lidia, avría più a schivo,
210Che se baciasse un cul marcio di scabbia.
     Non sa che ’l liscio è fatto col salivo3
Delle Giudee, che ’l vendon; nè con tempre
213Di muschio ancor perde l’odor cattivo.
     Non sa che con la merda si distempre
Di circoncisi lor bambini, il grasso
216D’orride serpi, che in pastura han sempre.4
     Oh quante altre sporcizie addietro lasso,
Di che s’ungono il viso, quando al sonno
219S’acconcia il steso fianco e ’l ciglio basso!
     Sì che quei che le baciano, ben pônno
Con men schivezza e stomachi più saldi
222Baciar lor anco a nuova luna il conno.
     Il solimato e gli altri unti ribaldi,
Di che ad uso del viso empion gli armari,
225Fan che sì tosto il viso lor s’affaldi;5
     O che i bei denti, che già fur sì cari,
Lascian la bocca fetida e corrotta,
228O neri e pochi restano e mal pari.


  1. Ecclesiastici e, specialmente, frati ignoranti.
  2. Nome, secondo il merito verisimilmente, rimasto ignoto. Così intendasi d’altri ove non si fanno annotazioni.
  3. Invece di Saliva; non registrato.
  4. Chi di tali ed altre pessime usanze e superstizioni volesse essere informato, può leggere, per brevità maggiore, l’Amiria di Leon Battista Alberti.
  5. S’increspi, diventi rugoso. — (Tortoli.)