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stesso), e l’interrogativo dove occorre. Tuttavia nelle belle copie mette un po’ piú di cura, segnando persino l’apostrofo; ma ricade ad ogni passo nelle solite distrazioni. La puntazione che s’osserva in C, del tutto insufficiente, credo sia in gran parte dovuta a lui.

Il Ruscelli interpunge bene da grammatico, e, secondo l’uso dei tempi, tempesta i versi di segni: sono i segni che usiamo ancor noi, salvo che manca quasi affatto il punto doppio e affatto lo esclamativo1. Tutte le ottave si chiudono col punto fermo.

Spetta al Morali il merito d’avere appuntato per primo con gran cura il testo del Furioso. Parrá forse ad alcuno ch’egli abbondi nei segni; ma ritengo che in generale abbia fatto bene.

L’Ariosto può anche sembrare scrittore facile, alla prima apparenza. Ma la sua è una facilitá tutta d’elezione e di grazia, lontana dal parlare corrente ed usuale. Il suo discorso poetico chiede alla voce continue pause e sfumature, che segnino i riposi e il variare di quella fantasia cosí volubile a un tempo, e cosí calma e pacata, cosí compiaciuta dei particolari piú rari e minuti, della dovizia dei toni, del perenne rifiorire delle rime, e fin quasi della bellezza delle parole. Però la stampa vuole una puntazione adeguata, copiosa e sottile, che aiuti l’occhio a non perdersi negli ampi disegni e nelle ambagi dell’ottava, lo richiami ai piú piccoli tratti che hanno rilievi e incanti particolari: insomma illumini sulla pagina le libertá, le grazie, talvolta anche le insidie di una sintassi che tiene del latino non meno che del volgare aulico e del dialetto.

Noi ci siamo per lo piú attenuti all’ediz. Morali, salvo ad alleggerire qua e lá o del tutto ad allontanarcene, sempre quando ci parve che l’intelligenza del testo e l’arte ne avessero a guadagnare. Cito un paio di passi.

In VI 20, 8 il Morali e il Panizzi, con lungo seguito, pongon la virgola in fondo al verso, cioè dopo molli. Ma è superfluo dire (cfr. L’O. F. di L. A., con note di A. Romizi, Milano, 1900) che le pianure, i colli, le acque e i prati non posson logicamente essere soggetti di facean riparo (21, 5). I vv. 7-8 della st. 20 descrivono con largo giro la prima visione lontana, quasi panoramica, dell’isola incantata; nella seguente, l’isola s’avvicina, si

  1. Inutile aggiungere che in questa, come nelle altre vecchie edd., non è segnata la dieresi: si sa che i nostri stampatori incominciano ad usarla (parlo dei versi volgari) solo alla fine del sec. XVIII.