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110 canto


20
     Non vide né ’l piú bel né ’l piú giocondo
da tutta l’aria ove le penne stese;
né se tutto cercato avesse il mondo,
vedria di questo il piú gentil paese,
ove, dopo un girarsi di gran tondo,
con Ruggier seco il grande augel discese:
culte pianure e delicati colli,
chiare acque, ombrose ripe e prati molli.

21
     Vaghi boschetti di soavi allori,
di palme e d’amenissime mortelle,
cedri et aranci ch’avean frutti e fiori
contesti in varie forme e tutte belle,
facean riparo ai fervidi calori
de’ giorni estivi con lor spesse ombrelle;
e tra quei rami con sicuri voli
cantando se ne giano i rosignuoli.

22
     Tra le purpuree rose e i bianchi gigli,
che tiepida aura freschi ognora serba,
sicuri si vedean lepri e conigli,
e cervi con la fronte alta e superba,
senza temer ch’alcun gli uccida o pigli,
pascano o stiansi rominando l’erba;
saltano i daini e i capri isnelli e destri,
che sono in copia in quei luoghi campestri.

23
     Come sí presso è l’ippogrifo a terra,
ch’esser ne può men periglioso il salto,
Ruggier con fretta de l’arcion si sferra,
e si ritruova in su l’erboso smalto;
tuttavia in man le redine si serra,
che non vuol che ’l destrier piú vada in alto:
poi lo lega nel margine marino
a un verde mirto in mezzo un lauro e un pino.