![]() |
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. | ![]() |
528 | concetto storico, civile e morale |
a lui cosa estrinseca, e a digerirli in sè gli mancasse la forza. Dalle fioriture rettoriche e quasi scolaresche si passa d’un subito a aridità disamene, tanto che meno squallido è il dire di parecchi prosatori trattanti la pura scienza. Giusta punizione dell’aver lui osato fare scienza la sua ignoranza pedante, e avviluppare la leggerezza sua vuota nel pallio della filosofica gravità. Non neghiamo bellezze a’ suoi versi; come non son da negare, anzi da additare con animo consolato, negli uomini men savii e men buoni i propositi savi e buoni, e intendimenti e atti, talvolta di virtù generosa. E Virgilio avrà di tali bellezze approfittato certamente, appurandole però, e di sè stesso nobilitandole. Si paragoni un de’ tratti più pareggiabili, la pittura di Marte e di Venere, dove il grosso Dio coll’omerira sua persona ci si presenta sdraiato supino, mirare’ di sotto in su la bellezza divina, pascendo d’amore gli avidi sguardi; e la pittura di Venere con Vulcano, dove il senso della stessa voluttà è più possente perchè, più pudico, e sin le gioie del legittimo amore interroraponsi per dar luogo alla veglia faticosa in servigio di lei, sempre amata di fido amore[1]. Le tre parole formae conscia conjux, son tali che tutto Lucrezio non ha le pari; e l’Iliade se ne fregerebbe; perchè ritraggono meglio che non farebbero molte pagine di romanzo la coscienza che ha del potere proprio sull’uomo la donna, e la compiacenza di potere tanto, e il gioirne modestamente ogni volta come di nuova scoperta, insperata, e, nel sentimento di questo gioire, accrescere all’uomo l’amore, sentire almeno un principio d’amore ella stessa.
Alla delicatezza de’ numeri virgiliani e all’intima varietà loro nell’apparente uguaglianza, non sono da comparare le scabrezze e le negligenze del verso lucreziano, altra cosa dall’abbondante omerica piena, e anco dalle non inartifiziose spontaneità di Catullo. Continue le prove di quel che dico; ma rammenterò per esempio due versi soli: Irritata canum quum primum ihagna Molossum Mollia ricta fremunt duros nudantia dentes. Lasciando stare che questi due versi e i troppi che seguono di quelle bestie, non agguagliano a gran
- ↑ E. 8.