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146 prima poscritta alle osservazioni

to, che ad ogni tratto odo da quanti negano la sincerità dello Carte di Arborea.

7. È evidente, che non può essere sincero un codice od un documento qualsiasi, che contenga una cosa impossibile; ed impossibile, sotto questo aspetto, è qualsiasi fatto (nel più ampio senso della parola), che sia posteriore al tempo, al quale il manoscritto od il documento si dica appartenere. Ogni altro genere di errore, o anche di assurdità, riguarda la fede che sia da attribuirsi allo scritto, non la sincerità paleografica del codice. Quando adunque a nome di ragioni intrinseche si voglia condannare quale spurio un manoscritto od un documento, conviene dimostrare, che alcuna delle cose in esso contenute sia difatti, e certamente, posteriore al tempo, al quale si attribuisce il manoscritto od il documento. Fatti, nomi, datati posteriori all’età alla quale da chi le crede sincere vengono attribuite le Carte di Arborea, nessuno potò trovarne in quelle Carte, sì ricche di fatti, di nomi, di notizie; e pur molti con minuto ed ostinato studio vi si affaticarono. Ma l’uomo dotto facilmente si forma sistemi, si crea anacronismi a sua posta; e di questi nelle Carte d’Arborea si trovò a dovizia. Chi ravvisò un anacronismo nell’uso della lingua sarda negli scritti prima che ciò avvenisse di altre lingue neolatine -, chi in tale o tal altro pensiero o modo di dire, latino, sardo od italiano, che dichiararono o recente, od impossibile. Ognuno comprende di leggero, quanto tal genere di argomentazione sia fallace, e di niun peso a distruggere la fede di un documento. Qual è l’autore, od antico o moderno, l’opera del quale potrebbe reggere, se ad abbatterla bastassero le pretese impossibilità, che altri vi andasse imaginando e raccogliendo? Non v’ha forse uomo o scritto più impossibile di Dante e della Divina Comedia; tanto e l’uno e l’altra non solo sovrasta ma anche differisce da quanto ci diedero i due secoli, fra i quali è racchiuso quel portento


Al quale ha posto mano e Cielo e Terra.


Delle numerose opposizioni di tal genere fatte a queste Carte, le più già si dimostrarono indubiamente false; di nessuna fu provata la verità, ossia che il modo di dire od il pensiero in questione fosse difatti più recente del documento ove si contiene.

8. Più grave questione è quella degli antichi scritti in lingna italiana. È bensì vero, che non solo non è maraviglia che vi sia stata scuola di lingua e di poesia (che nel fatto nostro è tutt’uno) in Firenze nel secolo XII; che anzi dobbiamo necessariamente dire che così fu, poiché la lingua italiana senza dubio è figlia dell’idio-