dell’alto sapere di Archimede, ed all’autorità di Vitruvio[Vitruvio nel lib. 9. c. 3.], che ne lasciò la relazione, procurerò col mezzo di evidenti dimostrazioni, che si restituisca tutta la fede all’Istoria, e con ciò renderò pratticabile l’artificio, che usò Archimede, nello scoprire il furto dell’oro nella Corona di Jerone, e poi valendomi delle leggi dell’Idrostatica, dimostrerò con una nuova machinetta la maniera più efficace a scoprirsi qualsivoglia minima particella di lega, che trovasi dentro una picciola moneta, ed anche in una gran massa d’oro: e se non m’inganno mi par, che questa sia una invenzione la più accertata frà le tante, che a nostri tempi si sono ritrovate.
[Si confuta l’opinione dell’Odierna nell’Archimede redivivo f. 12.]Quanto è dubbioso il fondamento del Galileo nel credere, che Archimede si sia servito della sua bilancetta per iscoprire il furto nella Corona di Jerone, tanto è frivola la prima difficoltà supposta dal sopracitato Odierna col dimostrare, che un vaso coll’Orificio di palmi due di diametro doppo esser pieno d’acqua, ne sia capace d’altre oncie sedeci. Sarebbe vera la seconda difficoltà descritta dal medesimo Odierna; che l’acqua nel traboccare attaccandosi all’