E Telamone. Argo li segue, ei solo,
Chè a’ fratelli accennò di restar quivi.
Tosto uscìan dalla reggia, e fra lor tutti
Mirabilmente di beltà, di garbo 585Splendea d’Esone il figlio, e sovra lui
A traverso il sottil velo Medea
Tenea fisso lo sguardo obbliquamente,
Consumandosi in cuore; e come in sogno
La sua mente rapita, a vol correa 590Dietro alle poste delle care piante.1
Quei partirono mesti, e immantinente
Calcìope, del re l’ira temendo,
Si ritrasse co’ figli alle sue stanze;
Ed anch’essa Medea; ma quanti affanni 595Soglion gli Amori suscitar, nell’animo
Ella tutti li volge. Innanzi agli occhi
Le si para ogni cosa, e quale egli era,
Qual vestìa vestimento, e ciò che disse,
Con che garbo sedea, come dall’aula 600Uscìa: null’altro in quel bollor di mente
Ella estima esser tale; e negli orecchi
Sempre udìa quella voce e quel soave
Suo parlamento; e assai temea per lui,
Non que’ tauri, o lo stesso Eeta forse 605Ne lo traggano a morte; anzi lo piange
Qual se già non più vivo, e per le gote
Una pietosa lagrima le scorre
Di mestissimo affetto, e pianamente