Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/176

150 argonautica.

     E Telamone. Argo li segue, ei solo,
     Chè a’ fratelli accennò di restar quivi.
     Tosto uscìan dalla reggia, e fra lor tutti
     Mirabilmente di beltà, di garbo
     585Splendea d’Esone il figlio, e sovra lui
     A traverso il sottil velo Medea
     Tenea fisso lo sguardo obbliquamente,
     Consumandosi in cuore; e come in sogno
     La sua mente rapita, a vol correa
     590Dietro alle poste delle care piante.1
     Quei partirono mesti, e immantinente
     Calcìope, del re l’ira temendo,
     Si ritrasse co’ figli alle sue stanze;
     Ed anch’essa Medea; ma quanti affanni
     595Soglion gli Amori suscitar, nell’animo
     Ella tutti li volge. Innanzi agli occhi
     Le si para ogni cosa, e quale egli era,
     Qual vestìa vestimento, e ciò che disse,
     Con che garbo sedea, come dall’aula
     600Uscìa: null’altro in quel bollor di mente
     Ella estima esser tale; e negli orecchi
     Sempre udìa quella voce e quel soave
     Suo parlamento; e assai temea per lui,
     Non que’ tauri, o lo stesso Eeta forse
     605Ne lo traggano a morte; anzi lo piange
     Qual se già non più vivo, e per le gote
     Una pietosa lagrima le scorre
     Di mestissimo affetto, e pianamente

  1. Dante, Inf., XXIII, 148.