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capitolo iii. | 27 |
principi e baroni presero licenza dall’imperatore di Costantinopoli per tornar a’ loro paesi. Ognuno di que’ cavalieri non sapeva come darsi pace dal non aver rotta la baldanza del villano, qual essi chiamavano colui che aveva osato di arrestare la lancia contro loro, e tolta ogni speranza di acquistare l’amore e la mano della figliuola di sì possente imperatore. «Chi sarà egli mai?» andavano fra loro dicendo. Così ritornarono alla patria loro privi di gloria e coll’animo contrito dalla vergogna, ma alcuno di essi ne macchinò vendetta!
tutti simili giuochi, e li facevano con gran magnificenza. E Dante ne parla come di cosa fatta universale nel principio del XIV secolo
... e vidi gir gualdane
Ferir torneamenti, e correr giostra.
Così in Italia come altrove furono da lungo tempo in uso i finti combattimenti di due o più cavalieri vegnenti gli uni contro gli altri, onde la differenza accennata di sopra fra giostra e torneo. Mi piace qui di osservare, che strettamente parlando, a nessun’altra nazione fuorchè ai Greci ed agli antichi Romani potrà attribuirsi l’onore della prima idea di siffatti spettacoli. Tutta la questione si riduce a stabilire fra qual gente ed a qual tempo sieno stati da principio praticati nel medio evo. E se cosa difficile riesce da una parte il determinare precisamente questo punto, non è per altro certo che Carlomagno recò da Francia in Italia lo spirito e gli usi della cavalleria, e che la Tavola Rotonda, specie di giuoco di armi come le giostre ed i tornei, è tanto antica, al dire dì Foncemagne, quanto il più antico ordine di cavalleria?
Non solo ne’ tornei e nelle giostre si esercitavano i cavalieri a que’ tempi, ma in più altri giuochi di cui lungo sarebbe il dare partitamente la descrizione, come le Armi a outrance, ossia all’ultimo sangue, il Passo d’armi, il Carosello, la Quintana, la Corsa dell’anello, la Corsa delle teste, il Bagordare. Quello però che era il più famigliare, dicevasi Corte bandita, di cui si è più sopra discorso. Il padre Menestrier e Muratori parlarono a lungo di questi e degli altri pubblici spettacoli, che utile cosa sarà a consultare insieme a Bettinelli del Risorgimento Italiano, e al dottor Giulio Ferrario nella Storia ed analisi degli antichi romanzi di cavalleria.
Conchiuderò notando che questi spettacoli erano principalmente praticati quando un principe o barone menava moglie, o quando era ammesso al cingolo militare. Lungo sarebbe il far minuto ragguaglio della magnificenza con cui i tornei venivano celebrati. Basti il dire che le dame erano generalmente l’anima di questi combattimenti, e che i cavalieri non terminavano mai alcuna giostra senza fare a loro onore un’altra giostra detta il colpo o la Lancia delle Dame. Alle dame apparteneva talvolta giudicare il premio al vincitore, il quale per soprappiù ne acquistava la stima e l’amore.