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242 | guerino. |
intese queste parole, molto si maravigliò, e disse: — O gentiluomo se questa non si dicesse, diventereste voi così brutti?» Ei disse di sì, e già s’approssimava il far del dì. Guerino allora dimandogli di che nazione fosse, ed ei cominciò a volerlo dire, e subito sospirò, e bestemmiò il dì che nacque al
simile lordura. Poi le trasformazioni in cane, in gatto, in lupo, in uccelli da preda ed in altri animali, per recare in questo modo più facilmente danno altrui, e distruggere anche i frutti della terra. Perciò si adoperano gli unguenti e le polveri velenose che si preparano con rospi, gatti, colubri, serpenti, lumache, ed altri rettili ed insetti, e con alcune corteccie di piante, quindi con ossa di cadaveri e cervelli de’ morti cavati dalle sepolture delle chiese frammisti coll’acqua giallognola estratta dal rospo che ogni stregone deve avere con sè, e che è lo stesso diavolo ubbidiente a’ suoi cenni dal momento ch’egli è ricevuto nella setta. La preparazione di simili unguenti, che il primo tragico d’Inghilterra trovò come un grande effetto drammatico gettandola nel suo Macbetto, occupò infiniti processi, e quello principalmente ne ricorda degli Untori di Milano, intorno a cui avremo forse dei grandi rischiarimenti nella storia che A. Manzoni sta per pubblicare. Siffatti unguenti, coi quali ogni stregone doveva ungersi la pianta de’ piedi, le palme delle mani, il viso, il petto e le parti naturali per poter arrivare presto al luogo dell’assemblea, fosse anche mille miglia lontano, esistevano di fatti, ed avevano la facoltà di avvelenare, come si pretese in quei tempi, oppure non era egli piuttosto una superstiziosa credenza, come le streghe, i diavoli, e tutte le loro assemblee, intorno a cui furono agitate tante vane questioni e funeste agl’innocenti? — La storia di Spagna principalmente è piena di vittime cadute miseramente sotto al ferro dell’inquisizione, perchè credute appartenere a siffatte società. Erano innocenti; pure tante volte confessavano. Confessavano perchè gli accusati speravano di sfuggire alla inquisizione più facilmente dicendo ciò che gli accusatori dicevano sul loro conto, o perchè temevano di essere condannati e puniti come negativi, perchè erano troppo deboli a sopportare i dolori della tortura. Che poi se erano convinti veramente di quanto dicevano? Chi può assicurare che l’intima convinzione dell’esistenza delle streghe non facesse cadere in una specie di delirio certe persone, le quali poi credessero veramente di aver con loro stretto un patto d’inferno?
La favola ci rappresenta Oreste, che appena svegliato vede le furie che lo perseguono per punirlo d’aver uccisa la madre. Le donne che nella Grecia si consacravano al culto di Rea la madre degli Dei, credevano di sentire continuamente il suono dei tamburri e d’altri stromenti di musica, e vedere delle danze di Fauni, di Satiri ed altri simili fantasimi, e per godere più liberamente di questo spettacolo, esse guadagnavano le montagne e le foreste nelle quali credevano di trovare il cumulo delle loro delizie. Non si avrà a dire lo stesso delle streghe o fate delle loro notturne assemblee? — La Dio mercè nel nostro secolo le magie e le streghe sono passate di moda, e il progresso nelle scienze naturali ci fa considerare come altrettanti naturali fenomeni ciò che prima volevasi effetto solamente d’un’arte diabolica. Effetti immaginari, e che non avevano altro fondamento che l’impostura o l’ignoranza per quanto di straordinario raccontavasi e credevasi intorno all’alzarsi d’una verga, e al misurare d’un circolo! Tutto sarebbe a volgersi in riso se la memoria di tanti infelici condannati, trucidati, e uccisi scelleratamente per un delitto chimerico, non richiedesse da noi una lagrima di commiserazione. Sa Dio quanti orrori pesano sopra i secoli!