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vano con superstizioso terrore, quasi fossero fatati. — Il montanaro è attaccato alla montagna, ma la noma brutto paese e, le acque bianche, vitree, dalla feroce rapidità, che sfuggono da essa balzando, le appella acque selvaggie e, i ponti naturali scavati dalle furenti acque nella viva pietra, non seppe designarli con altro nome che con quello di ponti del diavolo e, sassi del diavolo sono i massi erranti ritti in mezzo al piano delle valli.
I ghiacciai formavano in ispecial modo lo spavento dei montanari che, pure erano, costretti a riguardarli sempre. Le leggende della Svizzera tedesca, ci dicono come il popolo ritenesse i ghiacciai altrettanti inferni pieni di dannati. E noi sappiamo che anche Dante pose parte del suo inferno fra i ghiacci. Guai, dicono quelle legggende, guai alla donna avara che, durante l’inverno, abbandona il povero vecchio padre!... Una condanna terribile la attende: sarà costretta ad errare senza posa sopra gli sterminati ghiacciai, scapigliata, cogli occhi fuori delle orbite e in compagnia di un nero e brutto cane. — Secondo la leggenda scandinava, i monti, sono pieni di tesori, ma orribili gnomi li custodiscono e, fra essi, un nano di erculea forza. Guai ad accostarsi ai feroci custodi di tante ignote e immense meraviglie! — Dicevasi che, nel castello dei monti ghiacciati, sovra un bianco letto, mollemente si adagiava una bella e pietosa vergine che, colla fronte coronata di brillantissimi diamanti, attirava a sè gli eroi, loro volgendo un affascinante sorriso. Gli imprudenti, come scossi da una misteriosa potenza, salivano, salivano.... e, pieni di ansia e di speranza, dopo di avere sfidato migliaia di paure e di pericoli, arrivavano a toccare il sospirato letto e stringevano nozze eterne con una sposa di cristallo.
In questa leggenda si può trovare l’origine dell’alpinismo e della passione che ad esso trascina. Quella vergine, bella e risplendente, raffigura il fascino che esercitano le montagne su chi le contempla e, il letto di ghiaccio, rappresenta la minaccia di morte di chi, troppo di leggieri, osa avanzarsi fra le sconfinate regioni delle rupi e dei ghiacci.
A poco a poco i montanari si interessarono ai ghiacciai e i cercatori di cristalli di roccia spinti dal desiderio di lucro, furono i primi a sfidare la tradizione e ad esplorarli. — Indi vennero i cacciatori di camosci e di stambecchi, i quali furono certo i primi a scalare i fianchi delle alte montagne.
Ma ben altro interesse vi doveva guidare i naturalisti, gli artisti e gli spiriti avventurosi. Essi, dedicatisi allo studio ed alla ammirazione dei grandi spettacoli del creato, seppero vincere quel senso di terrore che, per solito, invade chi trovasi al cospetto di qualsiasi maestoso fenomeno e di cui si ignorano le cause e si proposero di vincere le asprezze della natura e di impadronirsi de’ suoi più intimi segreti.
Noi sappiamo che, un paio di secoli fa, pochi erano i monti conosciuti. I geografi li lasciavano in bianco o li accennavano in un modo strano, nomandoli la terra incognita. — Plinio il vecchio, fu il primo alpinista e scienziato e la sua esplorazione al Vesuvio, gli costò la vita. Dopo di lui, abbiamo nel secolo XVI il belga, l’Escluse, che fra il 1573 e il 1588 descriveva con parole molto oscure e tenebrose le Alpi austriache. — Nel tempo istesso il senese Pietro Andrea Mattioli, studiava le qualità mediche della flora delle Alpi Rezie e, il veronese Poa, visitava il Monte Baldo del quale pubblicò, nel 1595, entusiastica descrizione.
Sul principio del secolo XVIII il teologo Gian Giacomo Scheuzer pubblicò un lavoro scientifico in quattro volumi in quarto sopra i suoi viaggi alpini. — In esso vi sono certe descrizioni e certe figure di draghi e mostri d’ogni genere inventati dal buon teologo per farsi credere un eroe ed avvalorale le antiche tradizioni dell’orrore dei monti.
Nel 1741 due inglesi, i signori Pocock e Whindam vollero avventurarsi all’incontro del Monte Bianco. — I preparativi durarono un mese. Giunsero a Chamonix che ritenevano un paese selvaggio e furono come sbalorditi di giungervi senza incontrare per istrada neppure un mostro e trovando invece pacifici montanari che, ignorando completamente quanto potesse succedere all’infuori della loro valle, li accolsero con inaudita sorpresa. Gli inglesi si attendarono su di un altipiano e si circondarono di fuochi accesi e di sentinelle per tener lontane le terribili belve, create da Scheuzer e da lui poste a guardia dei monti. Passata così una prima notte, si avanzarono verso il mare di ghiaccio. Dio mio! Essi non