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invecchiato neppure di una parola, non Despréaux chiamato il poeta della ragione, che la bile di Giovenale seppe talvolta correggere col grazioso stile di Orazio, non Molière, le cui opere immortali sono condite di un sale assai meglio preparato che non è il plautino, che in ogni cosa che prese a trattare toccò il fondo e fu tra’ Francesi nelle cose d’ingegno del medesimo calibro, che nelle militari il Turenna; non tutti quegli altri scrittori che al tempo di Luigi XIV distesero ancor più con l’ingegno la gloria del nome francese, ch’egli non fece per avventura con l’armi.

Tale essendo allora lo stato delle lettere in Francia, non poté quell’Accademia, come fece la nostra della Crusca, cogliere il più bel fiore degli scrittori che non aveano fiorito per ancora; ma pensò di mondare, purificare e venir formando la lingua a benefizio degli scrittori che doveano venire dipoi. Adunque ella si mise a purgarla di moltissime voci e maniere di dire, o come troppo ardite, o come rancide, o come malgraziose o di tristo suono. Di moltissimi diminutivi e superlativi la spogliò, 1 di parecchi addiettivi che esprimevano la

  1. "Un gentilissimo e pulitissimo scrittore esalta la moderna lingua francese, perché non ammette i diminutivi; biasima l’antica, perché gli costumava, non loda l’italiana, perché ne ha dovizia. Io per me sarei di contrario avviso, e crederei che i diminutivi fossero da noverarsi tra le ricchezze delle lingue, e particolarmente se con finezza di giudizio, e a luogo e tempo sieno posti in uso. La lingua italiana si serve non solamente de’ diminutivi; ma usa altresì i diminutivi de’ diminutivi, e fino in terza e quarta generazione". Redi, annotazione alla voce di Brillantuzzo nel Bacco in Toscana.