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di vittorio alfieri 35


L’ali rapide: venne
Tutto il nemico già. Certo è l’aiuto,
Certo: sol dubbio è chi l’arrechi. Al lido
Con festevole grido
11Pien di vitale speme è ogni uom venuto:
Qual per letizia è muto;
Qual di lagrime irrora1
Le guance; altri i suoi figli al sen si serra,
Quasi gli abbia di nuovo acquistati ora;
Altri al provido cielo umil si atterra.

IV.


Ed è chi dice ancor: Questi chi fieno2
Liberator novelli,
Che magnanimo il piede or volgon dove
Gloria senz’util fia che sol gli abbelli?
Son forse quei che in seno
6Là di palustre terra, in fogge nuove,
Con inaudite prove,
A tirannide fero in un che all’onda
D’instancabile ardire argine eterno?
Quei che, Filippo a scherno
11Prendendo, armati di povera fionda,
La sorte ebber seconda
A lor alte virtuti?
Quelli, sí, quelli che in un mar di sangue
Lor libertà fondaro, or qui venuti
Sono a dar vita a libertà che langue.3

V.


Che parli, stolto? Esser può mai, se immersi
Entro a guadagni lordi,
Fatti immemori son di sé costoro
Sí che son da gran tempo a gloria sordi?


  1. 13. Irrora, bagna.
  2. IV. 1. Fieno, saranno.
  3. 6-16. Coloro di cui si parla in questi versi son gli Olandesi, de’ quali la storia ricorda ed esalta la fiera lotta sostenuta contro la prepotenza spagnuola: nel Filippo l’A. aveva parlato di questo generoso popolo con parole analoghe a quelle adoperate in quest’ode e ponendolo di fronte alla fosca figura del re, ne aveva fatto risplendere tutto il valore. — In un che a l’onda: gli Olandesi sono da secoli e secoli – e Dante li ricorda per questo (Inf., XV, 4 e segg.) in lotta col mare e ciò contribuí senza dubbio a formare in essi quel carattere paziente, tollerante delle fatiche, per cui sono noti a tutto il mondo. — Armati di povera fionda, di povere armi.