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di vittorio alfieri 11


Sottrammi ai re, cui sol dà orgoglio, e regno,
Viltà dei piú, ch’a inferocir gl’invita,
14E a prevenir dei pochi il tardo sdegno.1


IX [xxvii].2

Non cesserà mai di amare la Contessa.

Cessar io mai d’amarti? Ah! pria nel cielo
Di sua luce vedrai muta ogni stella,3
Lo gran pianeta, che ogni cosa abbella,
4Ingombro pria vedrai d’eterno velo:
Pria verran manco, al crudo verno il gelo,
Erbette e fiori alla stagion novella,
Al mio signor faretra, arco, e quadrella,
8Giovinezza e beltade al Dio di Delo.4
Cessar d’amarti? o mia sovrana aita,
Di’, non muovon da te l’aure ch’io spiro?
11Fonte e cagion non mi sei tu di vita?
Principio e fin d’ogni alto mio desiro,
Finché non sia da me l’alma partita,
14Tuo sarà, né mai d’altra, il mio sospiro.


X [xxvi].5

Dinanzi ad una statua di Venere.

O di terreno fabro6 opra divina,
Pario spirante marmo, immagin viva,7


  1. 12-14. Per viltà l’A. intende non già la paura, ma l’abbassarsi di fronte al tiranno e accattarne i favori (vegg. i capp. 3° e 4° del l. I della Tirannide).
  2. Sonetto composto il 5 febbraio del 1778.
  3. 2. Dante (Inf., V, 28):
    Io venni in loco d’ogni luce muto...
  4. 5-8. Mossa frequente nella poesia lirica d’ogni tempo: cosí il Tasso (Aminta, I, 1):
    Quand’io dirò pentita, sospirando
    Queste parole ch’or tu fingi ed orni
    Come a te piace, torneranno i fiumi
    Alle lor fonti; e i lupi fuggiranno
    Dagli agni, e ’l veltro le timide lepri;
    Amerà l’orso il mare e ’l delfin l’alpi.

    Il mio Signore è l’Amore, il Dio di Delo è Apollo.

  5. Il presente sonetto ha nel ms. la data dell’8 febbraio 1778, e poiché in quell anno l’A. fu a Firenze la Venere a cui egli allude è forse quella attribuita a Cleomène, detta dei Medici.
  6. 1. Fabro nel significato di scultore è anche in Dante (Purg., X, 97 e segg.):
    Mentr’io mi dilettava di guardare
    Le immagini di tante umilitadi
    E per lo fabbro loro a veder care...
  7. 2. Che respiri, che hai vita.