Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
L’ETRURIA VENDICATA
L’A. cominciò a scrivere questo poemetto nel maggio del 1778, «ma lo andava lavorando a pezzi, senza averne steso abbozzo nessuno, per esercitarsi al far rime, da cui gli sciolti delle ormai già tante tragedie lo andavano deviando (Aut., IV, 7°). Solo l’anno seguente fu terminato il primo canto; nell’81, mentre trovavasi a Roma, l’A. giunse al termine del secondo, ma non poté procedere oltre la prima stanza del terzo, essendo quello un tema troppo lieto, per il suo misero stato d’allora. (Ibidem, IV, 9°); nell’81 terminò il terzo canto e cominciò il quarto ed ultimo. L’Etruria fu poi stampata a Kehl nel 1788-’89, non per pubblicarla subito, con la data del MDCCC. La composizione di questo poemetto procedé dunque disordinata e saltuaria, dal che derivò una tal quale sconnessione che, con altri difetti, lo rende una delle meno pregevoli opere del nostro Poeta. Il Carducci, con soverchia indulgenza, ne scrisse nel modo che segue: «Questa Etruria presenta in piccolo l’immagine di quella epopea mista, che sola è possibile ai tempi moderni e, che fu tratteggiata fantasticamente dal Byron e allegoricamente dal Leopardi; vi è la elegia e la satira, la tragedia e la commedia... mescolanza che il grand’uomo non volle portare nel dramma». (Opere, II, 280).
Diamo dell’Etruria vendicata un rapido sunto:
A Lorenzino de’ Medici, dormente, appare, cinta dall’ombre dei piú illustri regicidi, la Libertà,
Che altera in vista il mondo signoreggia
E par che niuno estimi di sé degno,
e lo sprona, se vuole acquistare gloria immortale, a liberare la Toscana dalla tirannide di suo cugino Alessandro. A questo, pur dormente, apparisce il Timore, il quale gli minaccia la Morte, se non gli presterà onori come ad un nume. Alessandro, agghiacciato dallo spavento, caccia un urlo, al quale accorre con soldati Arrigo, confidente del principe. Alessandro gli ordina di adunare il consiglio. Poichè la sala ove questo deve raccogliersi è adorna delle pitture