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di vittorio alfieri 111


Ma invan: sue tarde elefantesche brenne1
Il guidator piú tardo anco trattiene. —
14 Amante mai per queste vie non venne.


CVIII [cxlvi].2

Ricordanze.

Su questa strada io giva, in questo legno,
Co’ medesmi destrieri, in simil ora,
(Ma col cor di ben altro affetto pregno)
4 A diporto con lei, cui chiamo3 ognora.
Già d’una in altra rimembranza, io vegno
Sí pienamente or di me stesso fuora,
Che fin, ch’io lei presente a me disegno4
8 Coll’acceso pensier, duol non m’accora:
Né sol la veggo; anco le parlo, ed odo
Di sua angelica voce le risposte,
11 Ch’io replicar fra me tacito godo.
Ma l’orme ho appena entro l’ostel5 riposte,
Ch’io ricomincio in lagrimevol modo
14 A cercar de’ suoi piè l’amate poste.6


CIX [cxlviii] e CX [cxlix].7

La malattia di Fido.

Donna, l’amato destrier nostro il Fido,
Cui tu premevi timidetta il dorso,


  1. 12. Diconsi brenne i cavalli malandati, pieni di guidaleschi.
  2. Due mesi soltanto rimase l’A. con la Contessa, perché nel dicembre dell’85 essa volle tornare a Parigi: il Poeta l’accompagnò fino a Strasburgo, e, quivi giunti, una proseguí per la sua strada, l’altro si avviò al castello di Martinsbourg; ritornando colà, il 5 dicembre compose questo sonetto.
  3. 4. Con lei cui chiamo, pessima allitterazione.
  4. 7. Disegno, fingo, figuro.
  5. 12. Ostel, il castello di Martinsbourg.
  6. 14. Dante (Inf., XXIII, 148):
    Dietro alle poste delle care piante.
    Il dolore per la lontananza della Contessa non fu d’altronde, a confessione stessa dell’A., cosí disperato: «Ancorché io fossi scontento», leggesi al cap. 16° dell’epoca IV dell’Aut., «pure la mia afflizione riusciva ora assai minore della passata: trovandoci piú vicini, potendo senza ostacolo, senza pericolo di nuocerle, dare una scorsa per vederla ed avendo insomma fra noi la certezza di rivederci nella prossima estate».
  7. Il primo di questi sonetti fu composto il 20 febbraio 1786, sulla strada di Roussac, il secondo due giorni dopo, nella Selva sotto i Castelli.