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di vittorio alfieri 107


CII [cxxxvii].1

Lo tiene in vita solamente forza d’amore.

Scevro di speme e di timor, languisco,
Come in torpida calma inerte giace
Nave, che dianzi a fronte d’ogni risco2
4 Le tempeste del mar sfidava audace.
Viver m’e’ noja, e romper non ardisco
Pure il mio stame, che ogni dí si sface;
Ma non è solo di natura il visco3
8 Quel che mi tien con nodo sí tenace:
Amor di tempo in tempo a me si mostra,
Quasi incerto, lontano, e cieco lume
11 Ad uom smarrito in sotterranea chiostra;4
E vuol che il mio sperar, di nuove piume
Armato, rieda col timore in giostra;5
14 E ch’io frattanto in pianger mi consume.


CIII [cxxxviii].6

Dolore per la lontananza della sua donna.

Mesto son sempre;7 ed il pianto, e la noja,
Dell’inutil mio viver son le scorte:
Ma il dolor, che alla speme ancor le porte
4 Schiude, non vuol ch’io viva, e non ch’io muoja.
Quindi adirato, e torbido, ogni gioja
Sfuggo piú assai, ch’altri non sfugge morte;8
E son mie poche doti intere assorte
8 Nell’ozio, che i piú belli anni m’ingoja.


  1. Nel ms.: «23 luglio, Pisa, nel Chiostro di S. Antonio».
  2. 3. Risco per rischio.
  3. 7. Di natura il visco: l’istinto che ciascuno ha di conservare la propria vita.
  4. 11. Chiostra, caverna, sotterraneo.
  5. 13, Rieda col timore in giostra: torni a combattere nell’animo mio col timore; Dante (Inf., VIII, 111):
    Che ’l sí e ’l no nel capo mi tenzona.
  6. Questo sonetto fu composto, come il precedente, a Pisa, il 2 agosto 1785.
  7. 1. Mesto son sempre: vegg. la nota 1ª del son. Malinconia, perché un tuo solo seggio.
  8. 5-6. Reminiscenza di ciò che S. Tommaso dice di S. Francesco nell’undecimo canto del Paradiso (58 e segg.):
    ... per tal donna giovinetto in guerra
    Del padre corse, a cui, come alla morte,
    La porta del piacer nessun disserra.