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96 | rime varie |
E se sapesse, ch’ei non è piú inteso;
E, men che altrove, in suo fiorito nido,1
11 Ch’ora è di spini e di gran lezzo offeso?
E s’ei provasse il secol nostro infido?
E s’ei sentisse or dei re nostri il peso?
14 E s’ei vedesse chi di fama ha grido?2
LXXXVI [cxviii].3
Soffre, pur avvicinandosi al luogo ov’è la sua donna.
Donna, or piú giorni son che a caldo sprone
Vengo seguendo l’orme tue novelle;
E in ogni loco chieste, odo novelle,
4 Che mi dovrian pur dar speranze buone.
Di tua beltà la dolce visïone
Precedendo mi va con ali snelle;
E tratto tratto a me le fide stelle4
8 Par ch’ella volga, e che il tuo dir5 mi suone.
Son lieto, è ver, ma di letizia muta
Qual di chi aspetta, e col desio sol tiene6
11 Cosa che lungamente avea perduta.
Io n’ho certezza; eppur temenza viene,
E di sue larve7 hammi la mente empiuta.
14 Oh quante in troppo amar s’inventan pene!
LXXXVII [cxix].8
Sullo stesso soggetto.
Ingegnoso nemico di me stesso9
Già da natura, e per amor piú assai,
Da immaginato mal mi avviene spesso
4 Ch’io traggo veri e ben cocenti guai.10
- ↑ 10. In suo fiorito nido, in Toscana.
- ↑ 14. Ricorda le parole di Dante (Purg., XI, 95):
...ora ha Giotto il grido. - ↑ Nel ms.: «13 agosto: tra Reichen e Fuessen».
- ↑ 7. Le fide stelle, gli occhi fidati.
- ↑ 8. Il tuo dir, le tue parole.
- ↑ 10. Tieue, possiede.
- ↑ 13. Larve, ubbie, vani timori.
- ↑ Nel ms.: «13 agosto: tra Fuessen e Weibach».
- ↑ 1. Cioè, pronto sempre ad amareggiarmi, anche quando avrei motivi di letizia.
- ↑ 4. Guai, lamenti.