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libro iii - capitolo ix
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gli ateniesi a se stessa, cosí da questo ultimo semi-tiranno di Atene intitolando quel secolo. E da ciò solo indubitabilmente nasceva la maggior perfezione delle greche lettere, e la ben altra copia d’importanti politiche e morali veritá da quegli scrittori fortemente lumeggiate e nel mondo intero poi sparse.

Ma per qual ragione i tre seguenti secoli letterari in vece di intitolarsi da Roma, da Firenze e da Parigi, si appellano da Augusto, da Leone e da Lodovico? Perché gli scrittori di questi tre secoli scrissero veramente per li suddetti tre principi piú assai che per la loro cittá. Mi si dirá che non avrebbero prosperato le lettere in Roma, se elle non vi fossero state protette da Augusto. Ma, di grazia, si rifletta bene a queste parole: «le lettere protette da Augusto»: cioè, da colui che, con orribile ingratitudine e vile perfidia, vendeva ad Antonio la testa del primo scrittore e filosofo che fosse mai stato in Roma, del gran Cicerone. E in fatti, da un tal protettore argomentar si poteva quali doveano divenire sott’esso le lettere. Quale scrittore d’alto animo si sarebbe mai potuto risolvere a lasciarsi proteggere dall’uccisore di Cicerone? Ma come, volendone pure scansare la insultante protezione, ne avrebbe egli potuto sfuggire la tirannica persecuzione? Col rimanersi egli sempre lontano da Augusto e da tutti i suoi vili satelliti.

Le perfezionate lettere non sono dunque state di nessun giovamento ai latini popoli, poiché da Augusto per l’appunto comincia la loro viltá e la decadenza fra essi di ogni sublime costume e virtú.

Mi si dirá che in Italia pure non sarebbero risorte le lettere, se i Medici non ve le avesser protette. E questo assolutamente lo negano per me il divino Dante, Petrarca e Boccaccio, che erano stati prima di loro, e spinta aveano al piú eccellente ed alto grado la loro lingua, senz’essi. Mi si replica che senza i Medici si perdeva affatto il latino, e non si restituiva certamente la piena intelligenza del greco all’Italia. E questo, su che potrei pur disputare, in parte lo voglio ammettere; e gran perdita sarebbe stata per l’Italia. Ma pure, da quella cosí gran luce di lettere latine, greche e italiane, quale accrescimento,