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libro ii - capitolo ix
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d’essere conosciuti; sí perché in ogni parte costoro si mostravan minori del loro giá niente alto tema.

Ma, se ai poeti vengo; oimè! che io veggo questa sublime e prima classe di letterati contaminata quasi sempre e deviata e spogliata d’ogni utilitá, ed anzi fatta espressamente dannosa, dalla pestifera influenza del principato. Né mi si apponga ora a contraddizione se i poeti vengono qui da me intitolati «la prima classe di letterati», avendo io pur dianzi attribuito il primato alla filosofia. Giustamente io reputo la classe dei poeti essere la prima, in quanto giudico che debbano essi, secondo l’arte loro, essere anche profondi filosofi; e dovendo pur anco essere caldi efficaci oratori e, sopra tutto questo, poeti; a loro si aspetta certamente (allor che son tali) la primazía fra i letterati, come alla filosofia spetta il primato fra le lettere.

Pure, anche traendo esempi di poeti, troverei, annoverandogli e la loro vita adducendo, che i piú e i maggiori, se non erano nati liberi, erano però liberissimi d’animo, giusti estimatori della politica libertá, e abborritori nel loro cuore di quella stessa tirannide che spesso li proteggeva o pasceva. Ma, fra gli altri esempi, giova pure non poco a provare il mio assunto, l’essere stato e libero e non protetto il principe e padre di tutti i poeti. Omero, cieco e mendico, non si sa pure, e non apparisce da’ suoi scritti, che egli tremasse di nessun principe, né che da alcuno di essi cercasse o ricevesse protezione; non è contaminato di adulazione nessuna il suo libro; e la sua fama non è meno pura che immensa ed eterna. Esiodo parimente, non si sa ch’egli soggiacesse a protezione principesca. Ed ecco a buon conto i due, che per essere stati i piú antichi si possono riguardare come inventori e fondatori dell’arte; ecco che ritrovata pur l’hanno, e cotant’oltre portata, senza la macchia di principe proteggente. Esaminando poi i progressi di quest’arte divina, si trova la poesia fatta gigante nella Grecia, dove non v’era principe niuno a promuoverla. La lirica fra le mani di Orfèo, d’Alcèo, di Saffo, e sommamente di Pindaro, ritrova e fissa la sua inagguagliabile perfezione. Cosí la drammatica, da Eschilo, da Sofocle, da Euripide e da Aristofane, riceve