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ii. del principe e delle lettere
 



piú utile, la piú durevole, difficile e pericolosa impresa. Onde, a chi guarda le umane cose con occhio filosofico e sano, non ripugna affatto il confondere insieme e pareggiare i letterati e gli artisti, ma intieramente ripugna bensí il confondere o pareggiare in nulla le lettere e le arti.

E per sola prova della immensa differenza che passa tra l’effetto di quelle e di queste, si esamini imparzialmente qual cosa utile e grande potrebbe sapere, operare o pensare quell’uomo che, non sapendo leggere, né usando con gente cólta di nessuna maniera, avesse tuttavia sortito dalla natura un gusto finissimo per le belle arti, e avesse visto ed esaminato e sentito tutti i prodigi di esse. Costui al certo nulla saprebbe; e tutti i piú dotti dipinti non gli potrebbero mai aprir l’intelletto; anzi ignorandone i soggetti, non li potrebbe né intendere, né gustare. Ma, che vo io perdendo le parole in cosa che non abbisogna di prove? Dico bensí che, se l’artista stesso non si è fatto dotto quanto basta su i libri, ancorché dalla natura avesse egli ottenuto il dono del piú eccellente pennello o scarpello, riuscirá pur sempre un ignorante e mediocre pittore o scultore; né da una vera ma sterile imitazione della natura, perverrá egli mai a ricavarne quel vero e perfetto sublime a cui può giungere l’arte sua. Ogni bell’arte è figlia del molto pensare; il che vuol dir leggere o parlare con chi ha letto: poiché il pensare altro non è che il combinare il giá detto e pensato; ed una idea, che chiamiam nuova, non può essere se non figlia di cento antiche.

Tra le lettere dunque e le arti corre, a mio parere, il divario che corre tra lo sviluppo intero della facoltá pensatrice e l’esercizio della potenza degli occhi e delle mani. Si può benissimo non aver visto mai quadro ed esser Dante, e farne dei maravigliosi con poche righe d’inchiostro; ma non si può essere Michelangelo, senza avere in molti Danti imparato a pensare, inventare e comporre.

E a voler provare questa primazia delle lettere, non solo su le arti mute, che troppo chiara cosa ella è, ma anche su tutte le cose grandi e grandissime che gli uomini possono