non incominci il giorno a vestir d’oro.
Ma tu segui a brillar, nordico Arturo 190e il cipresso doglioso, nella tenebra
attinge il tuo colore e lo strasmette
all’urna che la mite luce accoglie.
Alto nel cielo su città tirrene,
vaghe di mille cupole cilestri, 195il tuo raggio purissimo discende
ben remoto compagno della Terra,
e, dell’ogiva, il bruno arco più snello,
ne presenta che il goto stile incava:
e al mare che nel gorgo bujo aspetta 200ogni sera quel raggio, tu, l’arcano
venerabile sveli delle cose,
nella lingua che niun vivo conosce,
col notturno romor l’onda passando.
O gemme luminose, irridiscenti 205sulla tacita sfera del Pianeta
che vi sogguarda nei silenzi oscuri,
O ciel di Galileo, ciel di Laspace,
ordine immenso di plurali mondi;
epoca nuova ne sorride, e il terso 210lume lontano vostro a noi racconta
soavissime cose e progressive.
Giunga sereno a voi per i superni
eterni campi il sorriso d’un sole,
giunga e allegri la creatura e l’ente 215che lo creò per sempiterno errare
con nuove forme. E il bel cielo d’Italia,