Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/95


le prime storie. 55


     E un grande buio per quel ciel si stese
Il dì che in Alessandria un Saracino
Arse i papiri dell’antico senno.
Il plenilunio illuminò sei volte
Dei Faräoni i lidi, inargentando
Il canopico Nilo: e sempre ei vide
Per la città dal Semidio costrutta
Fra dense nubi divampar i roghi
Che consunsero tanta arte e pensiero
Venerato dai padri. E ne le notti
Quando più vivo di que’ fuochi il lampo
Su la mediterranea onda guizzava,
In fra que’ guizzi fu veduto in ridde
Un tumulto di demoni irrisori
Col piè di capro festeggiar sull’acque
Quel plebeo saturnal dell’ignoranza.

     Ma a ristoro del danno Iddio largiva
All’Italica terra una scintilla
Di virtù crëatrice; onde agli egregi
Che n’ebber parte penetrar fu dato
Dentro gli abissi de la Mente arcana
Che agita l’universo. E quindi uscîro
Alteri e belli di sorprese leggi,
Di saper conquistato. E dal toscano
Veglio, che offeso da la terra, ai buoni
Cieli si volse e viaggiò, scortato
Dai sapïenti numeri, per mondi
Ove non v’àn catene; insino a quello
Splendor recente d’anima comasca,
Che trattò il fulmin come cosa sua;21
Una schiera gentil di trovatori
Di reconditi veri, al mondo porse