Abituri di rovere un addio,
E convennero i biechi. E nelle etadi
Meno da noi rimote, un dì la fiera
Ora sonò che la partenza indisse
Al ritrovo in Italia. Allor s’intese
Uno strepito d’arme ir per le nebbie
Del germanico cielo.19 Ed era il Fato
Che nei ricinti de le selve sacre
Battea gli scudi penduli a le querce,
Significando a le selvagge turbe
Che già l’alba spuntava al dì prefisso
Per discender dall’Alpi.
E dopo molti
Secoli bui sull’infedel Soría
Si rovesciò quella bufera umana.
Dai chïoschi d’Iconio e di Nicea
Fûr visti allor dipingersi nell’aere
Folti guerrier su bianchi palafreni:
Avean mantelli del color dell’alba;
Mettean gli usberghi un tremolío di stella;
Come falda di neve una bandiera
Li precedeva, se non che nel mezzo
Da una croce vermiglia era divisa;
Fuor da la tomba di Chi sol fu giusto
Salì una voce: «Iddio lo vuole!» e al colmo
De le notti svegliò Gerusalemme;
Ed era il Fato, che raccolti a stormo
Da le castella d’Occidente i prodi,
Vòlti all’acquisto d’un divino avello,
Li sospingea vêr l’arabe meschite
A far dolenti le rivali Alambre
E l’Italia scegliea repubblicana,