E fûr veduti scender da le sfere
Quei Messaggieri all’ora del tramonto
E raccogliere il vol su le fontane,
Ove solinga vergine bagnava
Gl’ignudi avorii dell’elette forme.
All’insolito lampo i mandrïani
Maravigliati dubitâr vicina
Una stella cadente, e in quella vece
Era un angiol caduto; a cui le penna,
Che tremolar di voluttà, piegârsi
Invalide a tentar la risalita,
E la creta beò di abbracciamenti
Proibiti ai celesti; ed ei l’eterno
Paradiso obbliâr del loro Iddio
Pel paradiso d’una rea fanciulla.
Da quelle nozze vïolente e nove
Novi giganti e vïolenti usciro;
Una catena di peccato avvinse
A la terra le stelle; e Dio fu còlto
Dal pentimento de la sua fattura.14
E quell’arcano Spirito custode
Su le cime tornò dell’Imalaia
Trepido, e attese la visibil forma,
E la misura che pigliar dovea
La vendetta di Lui che si pentiva.
Ivi dall’alto, donde tanto eliso
Orïentale al mesto occhio s’apría,
Sopra ogni giogo de la terra un nembo
Vide in una prefissa ora adunarsi.
L’acutissimo udì grido d’allarme
Che si inviavan gli Angeli del mare;